L’acqua è fonte di vita! Quante volte abbiamo udito o letto questa frase? Niente di più veritiero poiché le funzionalità dei nostri impasti dipendono proprio dall’acqua, mezzo attraverso il quale possiamo modulare la consistenza dell’impasto ma soprattutto le temperature, che ci consentono di controllare le fermentazioni e la conseguente resa finale dei nostri prodotti da forno.
Nell’articolo che segue, avevo affrontato l’argomento acqua, relativamente alle formule di controllo della temperatura a seconda del tipo di impasto che si desidera preparare tuttavia, mancava qualche informazione che ho ampliato qui. Premetto che le pagine di un sito web, rappresentano una statica fotografia di quanto si è acquisito nel momento in cui esse vengono scritte. Per fortuna, la dinamicità quotidiana che scandisce il trascorrere del tempo, consente di ampliare il proprio bagaglio culturale che, sempre più massiccio, evolve, permettendoci di apprendere sempre più nozioni. Andando avanti negli studi quindi, si scoprono nuove realtà e approfondendo, ci si rende conto del perché la panificazione non può essere considerata meramente un’arte depurata delle scienze che la contemplano e che la rendono tanto affascinante e sempre più complessa.
Per quanto riguarda il calcolo della temperatura dell’acqua per gli impasti, desidero soffermarmi meglio sul fattore di attrito meccanico (FA) ovvero, un valore che una volta rilevato, compensa la quantità di energia o calore assorbita dall’impasto, utile al fine di calcolare la corretta temperatura del “punto di pasta” per un maggior controllo delle fermentazioni.
Per controllare la temperatura dell’impasto ed eventualmente ridurre il calore in eccesso, generato durante il processo di miscelazione, è possibile servirsi di alcuni escamotage: impiegare acqua refrigerata o ghiaccio, raffreddare gli ingredienti (compresa la farina), refrigerare la ciotola del mixer prima di impastare, utilizzare una soluzione di acqua refrigerata e sale disciolto, a 0°C.
Poiché le impastatrici non sono affatto tutte uguali non è così semplice standardizzare questo valore come avevo scritto a suo tempo poiché, ad esempio, se impastiamo con planetaria o con spirale, il fattore di attrito meccanico varia al variare di diversi fattori:
- Quantità di massa: per aumentare la temperatura di un grado un maggior quantitativo richiede più attrito
- Processo di miscelazione: le impastatrici di serie richiedono più energia rispetto all’impasto manuale e di conseguenza riscaldano di più.
- Modelli e marchi: se cambia il modello i risultati cambiano
- Velocità di miscelazione
- Tempo di miscelazione: in media, la quantità di attrito prodotta in un secondo rimane costante durante tutto il processo ma una maggiore granulometria della farina, ad esempio, aumenta l’attrito e quindi il calore trasferito all’impasto
- Il contatto con la vasca impastatrice e il gancio
- La forza e il tempo di caduta della farina
- Consistenza dell’impasto
- Sale in cristalli (aumenta l’attrito)
Da questa lista, è possibile comprendere come sia difficile standardizzare il valore di FA e fintanto che esso resta incerto o sconosciuto, sarà ancora più difficile avvicinarci alla precisione. Più variabili vengono calcolate e più ci si può avvicinare al valore desiderato. Possiamo dunque pensare di calcolare il nostro FA, impastando una prima volta rilevando la temperatura di uscita impasto considerando la velocità più alta utilizzata più di frequente.
Il prof. Raymond Calvel, padre dell’autolisi, nel suo libro “The Taste of Bread” , suggerisce temperature medie di miscelazione oscillanti tra i 24 e 25°C poiché secondo la sua esperienza, ma anche secondo molte altre fonti in letteratura, chiudere gli impasti a temperature tra 26 e 27°C può provocare ossidazione o ingrigimento dell’impasto che porterebbe al deterioramento del prodotto dal punto di vista sensoriale mentre temperature di miscelazione più basse, migliorano l’aroma del pane poiché si viene costretti a fermentazioni più lente.
Questa raccomandazione, specie quando si fa uso di lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae), è un suggerimento che ho letto in diversi testi ed è un suggerimento dato da diversi altri grandi maestri di arte bianca come Ciril Hitz o sul sito “The Bread Backers Guild of America” e pertanto, ritengo che adottare questo prezioso suggerimento non può che indurci a migliorare.
Ricordo che i valori importanti, rilevabili, onde determinare la corretta temperatura dell’impasto sono:
- Temperatura farina
- Temperatura ambiente
- Temperatura acqua (che dovremo poi regolare a seconda del valore predeterminato)
- Coefficiente di attrito FA (da calcolare).
NB – L’energia liberata da una sostanza “resistente” come lo è la farina quando assorbe acqua, varia al variare della modalità con cui l’acqua viene assorbita.
Per sfruttare al meglio il processo di fermentazione, dovrete preparare un impasto con un basso quantitativo di lievito, cercando di uscire ad una temperatura di circa 24°C quindi, con apposito termometro digitale, rilevate la temperatura ambiente, la temperatura della farina, la temperatura dell’acqua che utilizzerete, annotando questi valori su un blocco notes. Dopo la miscelazione, rilevate la temperatura di chiusura impasto e annotatela assieme agli altri valori.
Ora dovrete calcolare il VOSTRO fattore di attrito.
La temperatura di ciascuno dei parametri indicati è facilmente misurabile e se usaste un poolish o la pasta madre, dovrete annotare anche la loro temperatura. Idem per ulteriori ingredienti corposi aggiunti all’impasto.
In merito alla stima relativa a quanti gradi, la temperatura di un impasto, possa aumentare durante la miscelazione meccanica, c’è qualche discrepanza. Alcuni suggeriscono che l’aumento sia di 1°C al minuto sia per l’impasto manuale, sia per quello meccanico, altri invece, stimano 1°C/min per l’impasto manuale e 2°C/min per la miscelazione meccanica, indipendentemente dal tipo di impastatrice utilizzata. Tuttavia, se si tiene conto di tutta la lista di valori che bisognerebbe considerare, ci si rende conto che le discrepanze derivano dal voler semplificare il più possibile i fattori di calcolo. Sicuramente però, sottolineano l’importanza estrema di calcolare il PROPRIO fattore di attrito in modo tale che divenga indipendente e personalizzato.
Calcolo del fattore di attrito (FA)
Prima di preparare l’impasto, annota la temperatura dell’ambiente, quella della farina e quella dell’acqua. Impasta un ricetta qualsiasi. Dopo aver impastato, annota la temperatura del tuo impasto, ottenendo così il tuo parametro. Moltiplica la temperatura di uscita del tuo impasto x 3 e, dal risultato ottenuto, sottrai le tre temperature (ambiente, farina e acqua). La risultante corrisponderà all’energia esercitata dall’attrito generato, sia che tu abbia impastato a mano o con la tua impastatrice meccanica.
Formula:
t°C impasto – (t°C ambiente + t°C farina + t°C acqua ) = ? Fattore attrito (FA)
Esempio con numeri:
Temperatura di uscita impasto = 24°C
Temperatura ambiente = 20; Temperatura farina = 22; Temperatura acqua = 21
(24 x 3) – (20+22+21) = 72
(72 – 63) = 9°C (coefficiente o fattore di attrito)
Una volta determinato il coefficiente di attrito, calcola la temperatura dell’acqua necessaria per ottenere un punto di pasta predeterminato. Ammettiamo che tu deicida di terminare un impasto a 26°C dove la temperatura ambiente è 27°C, la temperatura della farina è 28°C e la temperatura dell’acqua necessaria sarà =? (da calcolare:
Formula
t°C impasto x 3 – (t°C ambiente + t°C farina + FA) = t°C acqua
Esempio con numeri
(26 x 3) – (27 + 28 + 9(fa)) = 51 – 64 = -13 (temperatura acqua)
Alle volte capita, come in questo caso, che l’acqua necessaria risulti ad una temperatura inferiore a quella che hai a disposizione dalla fonte idrica. Puoi refrigerarla o, come detto prima, puoi usare degli espedienti ma, ammettiamo, giusto per comprendere come fare, che tua abbia necessità di utilizzare del ghiaccio. Dovresti poter calcolare la quantità di ghiaccio necessaria da aggiungere all’impasto per arrivare alla temperatura dell’acqua richiesta per concludere l’impasto alla temperatura desiderata o definita in ricetta.
La rete idrica non eroga acqua a temperature troppo basse pertanto, per trasformare l’acqua in ghiaccio, dovrai aggiungere energia extra. Per farlo, dovrai servirti del passaggio di fase dell’acqua, da stato liquido a stato solido.
Quando l’acqua passa da uno stato ad un altro, richiede maggiore energia. Questa è una legge fisica termodinamica che contempla il calore latente di fusione, ovvero, la quantità di energia massima prevista nel passaggio di stato alla temperatura di fusione dell’acqua per passare da stato liquido a stato solido o viceversa.
Per calcolare quanto ghiaccio e quanta acqua inserire nell’impasto, userai la seguente formula:
[? g di acqua (t°C acqua – temperatura acqua rilevata) ] / (t°C acqua + 80)
dove 80, è l’energia richiesta dal calore latente per poter sciogliere il ghiaccio che deve essere assorbito dalla massa (vedi nota 1 al termine della pagina).
La quantità di ghiaccio necessaria è calcolata moltiplicando il peso totale dell’acqua della dose, per la differenza di temperatura tra l’acqua di rubinetto e la temperatura dell’acqua desiderata, dividendo quindi per la somma della temperatura dell’acqua di rubinetto addizionato al coefficiente 80*.
Esempio:
Una ricetta riporta 550 g di acqua nell’impasto. La temperatura dell’acqua dalla fonte idrica è 12°C e a noi serve di utilizzare acqua a -9°C:
550 g x [12 – (- 9°C ) ] / (12°C + 80) = 125 g di ghiaccio
550 x (12+9) / (12 + 80) = 125 g di ghiaccio che sottraiamo ai 550 g
Nell’impasto andrà quindi inserita: acqua pari a 425 g + ghiaccio pari a 125 g = 550 g
- Nota – Il valore di 80, in gradi °F corrisponde a 112 + 32 : 1.8 (dalla conversione da °F a °C) poiché 0°C = 32°F.
- Il ghiaccio dovrà essere possibilmente frantumato per poter aumentare la superficie di contatto e facilitare la liberazione del calore latente di fusione.
- Nel caso di un impasto indiretto come ad esempio un poolisch, si dovrà annotare e considerare nel calcolo, anche la sua temperatura per poi, moltiplicare il valore della temperatura di uscita impasto per x 4 anziché per 3. Lo stesso ragionamento va applicato anche ad eventuali ingredienti aggiuntivi come: uova, burroo, strutto, olio ecc.
- Nel caso di un grande lievitato, queste formule si rivelano molto utili poiché più si è precisi nel rilevare le temperature, più si possono di controllare le miscelazioni e meno problemi si sircontrano.
Fonte: Bakery Products Science and Technology seconda edizione (di John Wiley & Sons, 4 giu 2014).