Il Pane, presente in tutti i momenti chiave della vita di un uomo, rappresenta da secoli l’elemento basilare del pasto quotidiano ed è diffuso in tutte le culture antiche e contemporanee. Trova origini remote in rituali che lo hanno reso un simbolo sociale, culturale e religioso. Al “cuore” esso racchiude un auspicio: prosperità, serenità e amore e conservando questa simbologia, viene tramandato di generazione in generazione.
La splendida storia del pane si perde nei meandri del tempo e dello spazio, esattamente al pari della presenza umana sulla terra. Come abbiamo visto nei “capitoli” precedenti, a causa dei cambiamenti climatici del pianeta che causava anche un conseguente scarseggiare del cibo, i popoli primitivi, costretti a costanti spostamenti, migravano e per giorni interi, da un luogo ad un altro, suddivisi in piccoli gruppi. La loro giornata trascorreva all’insegna della costante ricerca di sostentamento e si cibavano principalmente di piante selvatiche, frutti della natura e cacciagione. Fu solo grazie ad un clima più propizio che poterono stabilire una fissa dimora e solo allora, appresero nuove forme di vita: addomesticamento e coltivazione. La transazione da popolo nomade e diffidente a quello che potremmo definire addomesticato non fu breve.
L’attività di caccia gli forniva sostentamento alimentare e molto ingegnosamente, pelli e ossa residue, vennero impiegate rispettivamente per il vestiario e per la messa in opera di armi e/o utensili funzionali, utili pertanto alle attività di caccia e difesa.
I frutti del raccolto, per lo più piante selvatiche e spighe di grano, venivano conservati all’interno di rifugi appositi, costruiti sapientemente per evitare le piogge e la conseguente umidità.
Ben presto, scoprirono che i “frutti” delle spighe potevano essere decorticati e a ragione di ciò, si dotarono di appositi mortai – pazientemente realizzati in pietra scheggiata – per potervi inserire i chicchi risultanti da triturare. I chicchi più teneri venivano privati dell’involucro esterno e triturati direttamente mentre i più resistenti, una volta decorticati, venivano sottoposti ad una sorta di tostatura, utile a far si che la parte più estrema della cariosside potesse essere rimossa più facilmente. Scoprino anche che la tostatura permetteva una maggiore durata di conservazione nel tempo e fu proprio inconsapevolmente che vennero innescate le primitive forme di “triturazione” che in seguito, il popolo egiziano perfezionò ulteriormente costruendo poi i primi attrezzi per la molitura.
Una volta ben ripuliti, i chicchi venivano talvolta bolliti, talvolta lasciati macerare e “schiumare” in apposite conche realizzate in pietra levigata. Il prolungamento della macerazione originò dunque i primitivi processi fermentativi. Si trattava di semplici processi di operatività che noi, oggi, con maggiore consapevolezza, possiamo riconoscere quali tecniche di macerazione e rigonfiamento a freddo, gelatinizzazione (a caldo) ed infine, fermentazione spontanea. L’odierno Porridge (antico Maza – Grecia) ad esempio, ha origine proprio dalle primitive zuppe calde di allora i cui avanzi, venivano talvolta lasciati essiccare al sole o su di una fonte calda per poi essere “laminati” molto sottilmente e cotti sotto la brace. Alcune volte la cottura poteva avvenire direttamente su pietre roventi e proprio attraverso l’abilità di questi popoli primitivi, nacquero le primissime forme di accompagnamento al cibo.
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