L’uomo rappresenta uno degli esperimenti più interessanti che la natura abbia mai implementato.
Gli antenati dell’uomo
Attraverso un sorprendente processo di mutazione genetica, il pianeta mutò notevolmente popolandosi di creature viventi di dimensioni microscopiche che man mano assunsero dimensioni sempre più elevate.
Il riscaldamento globale della Terra potrebbe aver assunto – la questione è stata dibattuta per anni – un ruolo determinante per l’estinzione di massa, nel periodo Permiano, mediante un repentino aumento della temperatura che raggiunse valori eccezionalmente elevati, tali, da risultare ostili alla vita e al recupero dell’ecosistema che perdurò ben 5 milioni di anni. La ripresa avvenne, probabilmente solo grazie alle rarissime specie di organismi “modello”, sopravvissuti limitatamente in alcune aree meno ostili del pianeta.
Le pubblicazioni scientifiche sulla questione sono infinite ma le chiarificazioni sembrano partire da un lontano 1953, grazie a un documento intitolato “THE 1953 STANLEY L. MILLER EXPERIMENT: FIFN YEARS OF PREBIOTIC ORGANIC CHEMISTRY“, peraltro molto interessante il quale esprime una maggior chiarezza su alcuni accadimenti. Lascio comunque libero il lettore, di decidere cosa realmente accadde, cliccando sul collegamento al documento originale (presente nel titolo in grassetto).
Dell’uomo, in quel periodo, ovviamente nessuna traccia.
Il movimento tellurico del pianeta, costantemente sottoposto a notevoli fenomeni atmosferici, suddivise il grande continente in due parti, distinguendolo così in una zona settentrionale e una meridionale, rispettivamente denominate Laurasia e Gondwana. La Laurasia circondava quelle che oggi sono le aree del Nord America, l’Asia e l’Europa mentre la Gondwana comprendeva l’attuale America meridionale, l’Africa, l’India, l’Australia e l’Antartide.
Questa suddivisione geografica e quanto accadde al sistema terrestre, ci permette – andando in avanti con la lettura – di comprendere meglio dove e come, nella primordiale forma di agricoltura, furono sviluppate le prime varietà cerealicole coltivate da individui primitivi quali primi testimoni delle produzioni terrene. Questo ci fornisce un più ampio scenario rispetto alla nostra attuale consapevolezza.
I vecchi continenti cominciarono a delinearsi già 40 milioni di anni fa.
Gli spostamenti terrestri davano luogo alle varie “deformazioni” del pianeta Terra ed erano dovuti a fenomeni naturali di carattere fisico che, tra l’altro, ancor oggi, rappresentano il nostro più grave problema.
Nel corso del tempo infatti, si verificano inevitabili ed evidenti variazioni al globo terrestre che come spiegano i fisici meteorologi e tutti gli studiosi di queste materie, interessarono ed interessano tutta la superficie terrestre ma non solo. La parte di sottosuolo posta al di sotto delle masse d’acqua – che comprende il mantello e il nucleo centrale della Terra – sono a tutt’oggi magmi roventi che destano inquietudine.
Per meglio comprendere, proviamo ad associare il globo terrestre ad un melone tagliato a metà in cui, la parte immediatamente al di sotto della corteccia è assimilabile a quello che – per il pianeta – corrisponde al mantello terrestre. Quest’ultimo ricopre il nucleo centrale ovvero il cuore del “frutto stesso”. Immaginiamo ora di suddividere il nostro melone in sette grandi spicchi, alcuni dei quali più piccoli degli altri e rapportiamo ogni grande frammento del nostro frutto ad uno degli attuali continenti. Le porzioni più piccole rappresentano frammenti più piccoli del pianeta e nella realtà, corrispondono alle zolle o placche Tettoniche (parti di roccia parzialmente fusa, presenti nella zona superficiale del manto terrestre).
Le placche Tettoniche si compongono di un complesso di sostanze viscose in costante movimento che, venendo continuamente sollecitate dalle correnti, si comportano analogamente all’acqua presente all’interno di una vasca a idromassaggio in piena attività. In queste zone esiste un ciclo ripetitivo in cui rocce fluide e calde – che costituiscono la parte di massa parzialmente fusa – salendo in superficie, si alternano ad aree più dense e fredde che partendo dalla crosta superficiale, a causa della temperatura meno elevata, sprofondano nella parte più interna dove le alte temperature trasformano le sostanze ivi presenti in nuovo magma che, a sua volta risale in superficie convergendo o allontanando le varie aree. Questo movimento – seppur in modo graduale – è spesso causa di gravi danni sismici. In sintesi, il clima terrestre ha ricoperto e ricopre tutt’ora un ruolo fondamentale sui cambiamenti fisici della Terra.
Trovo che il ciclo ripetitivo compiuto dal sistema Terrestre sia un bell’esempio che la natura ci offre e che, in parte, possa essere paragonato a quanto accade nei nostri impasti. In fondo il comportamento è molto simile: in un impasto la temperatura interna sale e scende continuamente e i gas interni, provocano una non staticità della massa. Ci pensate? Questo è il motivo per il quale ho associato, in precedenza, queste parole: “La Terra è il più bel pane della nostra galassia” ma questa è una mia personale e forse fantasiosa interpretazione. Ad ogni modo…
Dopo l’ultimo periodo di glaciazione, lo scioglimento dei ghiacciai favorì il rinverdimento di alcune zone mediorientali favorendo così lo sviluppo di lunghe distese boschive e terreni a cielo aperto.
Nel nord America comparirono i primi mammiferi – sopravvissuti ai cataclismi terrestri – e l’evoluzione genetica ci donò numerose differenze varietali, sia vegetali che animali. Le piante più antiche rappresentano i frutti della della natura sopravvissuta ad ere in “estenuante” rinnovamento. Le numerose teorie scientifiche, sulla reale discendenza umana, pur lasciando ancora numerose incertezze, inducono a pensare che l’uomo “intelligente” discenda dalle primitive scimmie antropomorfe.
Secondo la teoria Darwiniana il notevole progresso genetico colpì intere classi di organismi viventi, alcuni dei quali, non necessariamente destinati all’estinzione. Come avrebbero fatto, altrimenti, le singole classi a sopravvivere? Di seguito una interessante lettura: On the Origin of Species by Means of Natural Selection – Darwin Online.”
Il Paleolitico e le classi intelligenti
Il periodo paleolitico anche detto era della pietra antica, rappresenta un momento importante per la storia del pane. Mi sono chiesta perché il Pane si chiama PANE?Il termine etimologico sembra provenire dalla radice ariana “Pa -” ovvero nutrire, sostenere, proteggere (Pa-sto – Pa-dre). Mi piace.
Le primitive forme di ominidi possedevano peculiarità molto simili a quelle dell’uomo “moderno”. Presentavano la capacità di pensare esprimendosi in modo simbolico e/o con un linguaggio prettamente gestuale. Erano in grado di provare sentimenti ed esercitare conseguenti azioni che permettevano l’accoppiamento tra esemplari, mostravano particolari attitudini come la costruzione di utensili “funzionali”, realizzati persino con una certa complessità decorativa.
L’elemento più significativo della storia umana fu comunque il fuoco poiché oltre a rappresentare un ottimo espediente per scaldarsi, veniva impiegato per dissodare il terreno, per favorire la digestione del cibo, quale mezzo difensivo e per prolungare le ore di caccia.
La necessità di peregrinare per procurarsi il cibo costringeva questi individui a cercare rifugi momentanei presso grotte e caverne, dove sostavano per un certo periodo, fintanto che il luogo forniva loro il necessario sostentamento. Il New York Time, nel 1982, pubblicò un articolo sull’evoluzione della dieta degli ominidi che recita così: “Comincia ad emergere una ricca e nuova comprensione evolutiva della dieta umana. Il risultato di sofisticati test chimici e microscopici, sui resti fossili, sfidano le lunghe e contrapposte teorie, soprattutto quelle relative al consumo continuativo della carne…”
La maggior parte degli studiosi – come racconta anche Glynn L. Isaac, un antropologo dell’Università della California – è fermamente convinta che la frutta, i legumi e forse anche i tuberi, venivano raccolti scavando, con strumenti che rappresentano il “cardine della vita”.
Anche i frutti assunsero un’importanza fondamentale nella dieta dell’uomo primitivo e non è escluso che, tanto quanto oggi, il cibo potrebbe aver contribuito a generare situazioni di socialità collettiva, senz’altro più vantaggiosa rispetto alla caratteristica situazione di individualismo, proprio della ricerca dell’individuo in quanto “viaggiatore solitario”.
Probabilmente, anche le particolari abilità linguistiche sviluppate derivano dalle attività di caccia e da una rinnovata soluzione di vita “comunitaria”. L’analisi microscopica dei fossili, del tipo di cibo masticato e di come come esso veniva procurato, conferma l’ipotesi dell’inarrestabile evoluzione umana che ha condotto a ad una specie più evoluta: l’Homo Sapiens.
Approfondimenti: new testing on fossil remains indicates prehistoric man ate balanced diet.” 9 gen. 1982, . Ultimo accesso: 1 ago. 2018
“In principio non era il verbo, ma il silenzio”.
(F. Fassina)
Dopo il fuoco, la scoperta del linguaggio fu un’altra grande conquista. Le prime forme di linguaggio si devono periodo durante il quale l’Homo Sapiens rivela inedite capacità intellettuali. Lasciandosi alle spalle i segni indelebili di una espressività gestuale e innata, egli ci arricchisce di modelli di arte rupestre mostrando di possedere intelletto, creatività e un linguaggio più articolato che – rispetto al passato -gli permette di comunicare meglio con i suoi simili, per quanto ancora lontano dalla parola.
Il filosofo Telmo Pievani, in uno dei suoi illustri scritti intitolati “Quella volta che siamo diventati umani” (archivio europeo trimestrale di cultura “Lettera internazionale”), lo definisce egregiamente come “l’ultimo virgulto di un lussureggiante cespuglio di antenati”.
I simbolismi tracciati sul terreno e i graffiti sulle pareti delle caverne dove l’uomo primitivo sostava per ripararsi, si accompagneranno ad una una mimica fonologica in cui la comunicazione diventerà sempre più incisiva e sonora. Nel tempo, riesce infatti a giungere ad una sempre più articolata capacità di linguaggio. Del resto, la gestualità accompagnata da espressioni verbali, è – ancor oggi – una caratteristica dell’uomo, espressiva ed efficace, soprattutto quando, assalito da “alterazioni” emotive, tende a gesticolare con foga e/o più del dovuto.
Capolavori di arte rupestre e numerose rappresentazioni pittoriche di animali pericolosi, unite a un gran numero di impronte a testimonianza del suo vissuto, possono essere visualizzati all’interno di alcuni siti web. Uno di questi, raggiungibile cliccando sul collegamento a seguire, è la famosa “Grotte Chauvet Pont-d’Arc” – fedelmente ricostruita a sud della Francia, nei pressi del fiume Ardéche – che contiene strabilianti capolavori artistici che ne testimoniano l’esistenza.
Altri reperti archeologici sono stati ritrovati in Palestina, nelle grotte di el-Wadi, el-Mughara, el-Skul e el-Kebara, nei pressi del Monte Carmelo n Palestina, ta l’altro, ben descritti nella pubblicazione “The Stone Age of Mount Carmel” di E. Garrod (1929 – 1934). All’interno di queste caverne è stato reperito materiale scheletrico, terrazzamenti, pozzi e manufatti che testimoniano tracce evidenti dell’insediamento. La razza è stata identificata come razza natufiana, dedita, tra le altre cose, ad una primitiva attività di agricoltura.
Un cartello posto all’ingresso dei 4 siti archeologici su menzionati riporta scritto, più o meno quanto segue:
“L’inizio della cultura natufiana segna la fine dell’ultimo periodo di glaciazione e un importante momento per la storia dell’umanità. In questo periodo sono avvenuti significativi cambiamenti strutturali che hanno condotto l’uomo preistorico alla civilizzazione. Uno stabile insediamento che diede origine ad un’economia basata sulla caccia e su un intenso raccolto di cereali selvatici. Sono stati ritrovati resti di strutture di grandi dimensioni, mortai in pietra, numerosi arnesi, lame e oggetti d’arte. Alcuni esemplari sono situati proprio all’ingresso della grotta dove risiede una copia di uno degli 80 scheletri rinvenuti in posizione flessa. Il corpo, sepolto assieme alla fascia di un dente marino che ne adornava il cranio. Incerta è la funzione del solco scavato nella roccia, probabilmente, è riconducibile al rituale funerario. La terrazza è stata costruita con pietre scheggiate e prive di calcina.
Non ci sono dubbi. I primi villaggi stanziali nacquero in Palestina, nei pressi della Mezzaluna fertile, così definita per la sua conformazione concava. Per l’importanza storica che ricopre, questa zona ha acquisito la denominazione “culla della civiltà”. Geograficamente, si estende dall’alto Egitto costeggiando il Monte Sinai, il Mediterraneo e buona parte del deserto siriano.
E’ proprio in questa fascia del pianeta terrestre che TUTTO ha avuto inizio.
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