Non è detto che una buona farina restituisca buon pane. La magia della panificazione consiste nella manipolazione e nella fermentazione dell’impasto. (Linonel Poilàne).
Per avere un buon pane è necessario acquisire due abilità: sapersi districare nelle tempistiche e nelle temperature per controllare il risultato dell’elaborato finale. Questo può avvenire solo con il tempo e chi pensa che frequentare un corso sul pane possa essere sufficiente per panificare, è sicuramente sulla strada sbagliata.
Il controllo della massa è una questione importantissima ed è questa abilità acquisita nel tempo, che ci permetterà di ottenere risultati sorprendenti anche per noi panificatori amatoriali. Se il pane sarà stato infornato prima o dopo si noterà; se la massa avrà lievitato troppo o troppo poco si noterà.
L’abilità di un buon panificatore consiste nella capacità di adattarsi e rispondere alle condizioni ambientali esterne ed intrinseche alla farina, materia prima e la strada è senz’altro lunga ma divertente e affascinante.
LA FERMENTAZIONE
La fermentazione è una delle fasi più importanti di un impasto e la tecnica di modellazione e quindi la formatura finale, acquisiscono un ruolo importante solo se l’impasto ha fermentato adeguatamente. La fermentazione attraversa due fasi fondamentali e quando utilizziamo il lievito madre non possiamo prescindere dal considerare questi due cicli fermentativi che si dividono in:
- fase primaria
- fase secondaria.
Nella fase primaria assistiamo ad una vera trasformazione. La massa apparentemente inerte, si trasforma in un “organismo” che potremmo definire vivente ed inizia il vero e proprio processo di trasformazione che condurrà alla lievitazione o fermentazione grezza.
La fase secondaria si divide a sua volta in altre fasi intermedie:
- Staglio: in genere dopo aver sottoposto l’impasto ad una prima fermentazione grezza, si passa allo stadio successivo che consiste nella suddivisione dell’impasto nelle varie “pezzature” (porzioni individuali di impasto) ed è raccomandato l’utilizzo di uno strumento apposito che somiglia un po’ al raschietto di un muratore e che è chiamato tarocco o lama tagliapasta. Stagliando l’impasto, viene a crearsi un punto debole nel punto di taglio e dovremo preoccuparci di rafforzarlo. Questa operazione è definita prima fase della fermentazione secondaria e all’interno di questi due cicli fermentativi l’impasto è soggetto ancora ad altre fasi.
- Modellazione primaria (pirlatura): è necessario dare alla massa la forma di una sfera o di un cilindro che permetterà il rafforzamento del glutine mediante la tensione superficiale che si verrà a creare e contribuendo a far si che durante la formatura la massa non venga deformata. Se il pane che si desidera ottenere deve presentare grandi alveoli irregolari, dobbiamo effettuare questa operazione con estrema delicatezza riducendo così la degassificazione al minimo. Per pane e panini invece è corretto eliminare tutti i gas presenti ottenendo così un’alveolatura regolare e non troppo grande. Questo ci permette di comprendere come sia fondamentale saper manipolare l’impasto al fine di ottenere il risultato voluto. La pirlatura in panificazione può anche essere utilizzata come formatura definitiva quando desideriamo dare al pane una forma rotonda.
- Riposo della massa (puntatura intermedia): il riposo varia a seconda della tipologia di pane che desideriamo ottenere. L’obiettivo è quello di consentire alla massa di rilassare il glutine per poter poi manipolare l’impasto con più facilità durante la scelta della formatura finale. Il tempo di riposo varierà a seconda di tre caratteristiche fondamentali: elasticità, duttilità e tolleranza.
- Modellazione o formatura finale (Appretto): se un impasto è duttile sarà più facilmente manipolabile e non tenderà a ritirarsi o a tornare alla forma originaria come invece succede quando un impasto risulta essere troppo elastico. La modellazione del pane dipenderà sempre dalla relazione che esiste tra questi due attributi. Ultimo ma non meno importante è il parametro di tolleranza ossia la capacità di un impasto di non rompersi durante la lavorazione e/o lo stiramento. Un impasto che si rompe è sinonimo di rottura della rete glutinica e di conseguenza tutto il lavoro sarà risultato vano.
Elasticità e duttilità vengono influenzati dalla tipologia di farina utilizzata nell’impasto e dall’intensità dello stesso, dettata anche dall’idratazione (quanta acqua o liquidi vengono incorporati nella massa); la tolleranza è data invece dal ceppo di grano e dalla miscela di farine impiegate per comporre la massa finale nonché dalla forza della farina e dalle proteine del glutine (ma non solo) in essa contenute. - Idratazione: assume un ruolo molto importante e si traduce nella capacità da parte della farina di assorbire più o meno acqua. Un impasto molto idratato risulta più tollerante e duttile; un impasto più secco e quindi poco idratato, risulterà più elastico ma meno tollerante e sicuramente poco duttile. Quando formiamo dei panini possiamo pensare di lasciar rilassare le pezzature create dai 20 ai 30 minuti e formarli successivamente dando la forma di una sfera. Diverso dovrà essere per i pani allungati come baguettes e batard (pani di origine francese) che necessitano di tempo e fasi di riposo affinché si riesca a dare una forma definitiva. Quanto maggiore sarà il tempo di riposo tanto più duttile risulterà un impasto.
La maggior parte del sapore del nostro pane si sviluppa quindi durante la fase finale della fermentazione primaria ed il sapore viene esaltato dalla fermentazione secondaria che lo trattiene fino alla cottura.