Chi panifica a livello amatoriale, presenta spesso l’esigenza di conservare la farina in modo adeguato, vuoi perché si è costretti a fare cospicue scorte, soprattutto quando si acquista online per abbattere le spese di spedizione, vuoi perché di tante tipologie e varietà di grani, noi amatoriali facciamo acquisti compulsivi perché non ci si accontenta mai. Spesso la nostra dispensa è più fornita degli scaffali di un supermercato della GDO (grande distribuzione organizzata).
Alle volte, specie nei periodi caldi, a più di qualcuno è capitato di ritrovarsi con larve o con quelle fastidiose farfalline che svolazzano fastidiosamente ma non solo. Per evitare lo sviluppo di insetti come camole, acari o altri tipi di insetti presenti naturalmente in tutti gli sfarinati abbiamo cercato un escamotage ovvero il congelamento! Qalcuno è contrario a questo metodo poiché ritiene che lo sfarinato “perda” in qualità reologiche e dunque, mi ha assalita la curiosità di ricercare semmai fosse vero o possibile. Con mia sorpresa, andando alla ricerca di letteratura scientifica che potesse smentire o confermare questa tesi, non ho trovato nulla o quasi e così ho posto un quesito a persone competenti del settore per ricevere una risposta. Il mio quesito è stato sottoposto a tre personaggi che io ritengo i pilastri della mia cultura, la Dottoressa Simona Lauri, il Dottor Gabriele Raimondi e il Dottor Gabriele Bernardini ed era questo: “Ho cercato della documentazione per sapere se la farina congelata a -18°C, ben chiusa e protetta, perde in proprietà, relativamente a qualità reologiche (enzimatiche o proteiche). Grazie per la cortese disponibilità”.
Il Dottor Benardini (medico nutrizionista) ha giustamente demandato a Gabriele Raimondi, biologo ed esperto in materia, molto più tecnologo nel settore e soprattutto aggiornato e informato su qualunque questione che si riferisca al mondo della panificazione dal punto di vista bio-tecnologico. Lo stesso quesito ho posto alla Dottoressa Simona Lauri sulla sua rubrica SOS online (presente sulla testata scientifica Quotidie Magazine) dove, previa registrazione gratuita, vi sarà possibile leggere la risposta.
Vi riporto qui per esteso la risposta del Dottor Raimondi in modo che quanti di voi cercano una riposta “ragionata” sul congelare o meno la farina a – 18°C possiate trovarla, visto che fino ad oggi, ancora nessuno si è preoccupato di approfondire meglio questa questione, nemmeno dal punto di vista scientifico direi in quanto, in letteratura, esiste veramente tanto materiale dedicato al prodotto congelato (impasto, pane e pizza) ma nulla o quasi che si riferisca allo sfarinato congelato.
Gabriele Raimondi – Per prima cosa ho fatto una ricerca specifica (anche se conoscevo il risultato) e non ho trovato papers che descrivano eventuali cambiamenti della farina conservata in surgelazione, tutte le ricerche in questo campo sono rivolte esclusivamente alla conservazione dell’impasto. Questo è abbastanza logico perché il problema maggiore della conservazione dei cibi surgelati è l’acqua, contenuta infatti negli impasti (quindi farina + acqua + lievito, sale e grassi). Il problema è relativo alla formazione di ghiaccio che è deleteria per le proteine del glutine in genere, quindi si ha un cambiamento reologico in negativo, si abbassa l’estensibilità e l’elasticità. Con l’abbattitore, il problema sopra viene fortemente ammortizzato. La conservazione quindi dei prodotti con umidità contenuta come la farina è abbastanza protetta, nel senso che non ci sono cambiamenti reologici a breve e a medio termine che potrebbero sorgere. Qualche problema nella lunga conservazione può presentarsi per eventuale formazione di micro particelle di ghiaccio anche se il problema a mio avviso è contenuto. Posso azzardare comunque che si possano conservare bene per alcuni mesi senza nessun problema. Meglio comunque sarebbe dotarsi di un abbattitore che ne evita eventuali formazioni (anche se poco probabili) e consente una più veloce surgelazione con meno probabile formazione di ghiaccio. Non va invece affatto conservata in frigorifero dove si possono verificare problemi di condensa e di conseguenza, sviluppo di muffe e batteri”.
Parte della risposta della Dottoressa Lauri, poi per correttezza vi invito a leggere sulla sua piattaforma:
“Buongiorno a lei. Bellissima domanda! Da quello che posso sapere io, in letteratura come dati scientifici, non c’è nulla che tratti le modifiche reologiche della farina quando quest’ultima è posta per un certo periodo a -18°C. – Notare un “certo periodo”. – Per cui mi perdonerà se faccio unicamente delle considerazioni personali senza avere pezze giustificative che comprovino le mie affermazioni; sono quindi opinioni personali che possono essere pertanto smentite da altrettanti opinioni personali purché scientifiche. Ritengo pertanto che la conservazione della farina a -18°C possa avere un sua “giustificazione” unicamente a livello casalingo (ridotte quantità) quando magari la stagione, la quantità acquistata o le esigenze personali portano a tale scelta. Tale decisione suppongo sia dovuta a una miglior conservazione atta ad evitare lo sviluppo di artropodi (acari, lepidotteri, blatte, coleotteri ecc.) presenti naturalmente in tutti gli sfarinati in quanto…” –
Continua a leggere QUI.
Detto questo, personalmente l’ho congelata senza pormi troppe problematiche e aggiungo di seguito uno STUDIO che illustra brevemente che un rapido abbattimento della temperatura non ha mostrato grandi variazioni sulle proprietà reologiche e sulla resa finale dei prodotti.
Alla prossima!