Il sale negli impasti e il suo ruolo

La principale funzione del sale (sodio cloruro NaCi) è quella di esaltare il sapore di un prodotto cotto anche se talvolta tende anche a mascherarne un difetto. Diluito allo 0.9% (soluzione fisiologica) è il principale fluido usato in medicina per curare la disidratazione e nell’industria alimentare è ampiamente sfruttato per la conservazione.

Per quanto riguarda la panificazione, i livelli di utilizzo del sale si aggirano attorno al 2% circa. La legislazione può variare da paese a paese ma è stato stabilito che l’assunzione di un eccessivo quantitativo di sale può essere un rischio per la salute, sia per quanto riguarda il sistema cardiovascolare, sia per quanto riguarda la percentuale di incidenza di ictus. Nell’Unione europea, esiste una direttiva per indurre alla riduzione  dei livelli di sale nel pane, portandoli al 1,5% sul peso della farina totale. In Scandinavia vengono richieste tasse extra quando il livello di sale nel pane è superiore al 1,2%. Il pane fatto con meno dell’1,2% di sale restituisce un gusto alquanto insipido mentre il pane fatto con più del 2,2% risulta eccessivamente salato.

In Toscana il pane si consuma per l’appunto senza sale poiché il sale contenuto nel companatico, è sufficiente ad esaltarne i sapori che a loro volta esaltano il gusto del pane.

Sale

Contributo del sale negli impasti

Il sale può controllare l’attività del lievito in un impasto e per lo più ne rafforza la matrice proteica che va a determinare la struttura della mollica nei prodotti lievitati da forno. È dunque di fondamentale importanza che quando si impasta venga sciolto e amalgamato completamente perché oltre a influenzare il sapore del prodotto è in grado di inibire la fermentazione. Questo fenomeno chimico avviene per effetto osmotico (vedasi osmosi), un processo biochimico di grande rilevanza, che vede il suo impiego soprattutto nell’industria alimentare allo scopo di salare e soprattutto, proteggere gli alimenti contro le alterazioni microbiche. Un pochino faticoso da comprendere ma in termini semplici, la pressione osmotica esercitata dal sale favorisce spontaneamente per attrazione il passaggio spontaneo di un liquido (solvente) attraverso una membrana semipermeabile (soluto). Detto in termini ancora più semplici se il solvente è l’acqua ed il soluto è il sale (solido), quest’ultimo viene uniformemente disperso nel liquido passando dalla sua primordiale fase solida a quella liquida.

Le cellule del lievito a contatto con il sale risultano parzialmente disidratate a causa, appunto, della pressione “osmotica” esercitata. A questo proposito troverete un esperimento interessante cliccando QUI dove si può osservare come dopo qualche minuto il lievito, dallo stato solido si liquefà a causa del contatto diretto con il sale il quale attira l’acqua contenuta nelle cellule di lievito essendo queste una membrana solida semi-permeabile. L’acqua tende ad emigrare dalla cellula del lievito all’esterno, rilasciando una miscela in apparenza liquefatta che in realtà però, ha subito solamente un mutamento dal suo stato solido a liquido.

Il fatto che il sale influenzi la fermentazione può tornare utile?

Aggiunto per esempio alle bighe o al poolisch con l’intento di rallentare la velocità di fermentazione metabolizza meno zuccheri nell’arco del tempo. Chiaramente è previsto l’impiego di farine che supportano lunghe maturazioni.

Il sale inoltre, può e deve essere aggiunto, quando si avvia un processo autolitico prolungato oltre le sei ore e questo, per consentire al pH dell’impasto di non diminuire troppo poiché, soprattutto con temperature elevate, potrebbe avvenire l’avvio di una fermentazione che, al di là di quella ricercata dall’operatore mediante l’aggiunta dei lieviti, nell’autolisi va evitata.

L’inserimento del sale nell’impasto influisce sul colore della crosta che dopo la cottura risulterà più scura.

Il sale, oltre alla fermentazione di un impasto ne influenza anche l’attività enzimatica 

Ciò è particolarmente importante quando operiamo con impasti a base di farina di segale poiché questo sfarinato presenta un’attività enzimatica decisamente elevata (fermenta quindi molto velocemente) rispetto ad altri sfarinati.

Il sale contribuisce a rinforzare il glutine creando un effetto di condizionamento all’impasto 

Le farine più deboli possono essere addizionate di sale (0.3- 0.5%) per migliorare le proprietà di manipolazione di un impasto riducendone la tenacità. Molto spesso sull’etichetta che riporta gli ingredienti oltre al resto si trova scritto: sale x%.

Durante la miscelazione, il sale rafforza il glutine e ne ritarda la formazione dilatando così le tempistiche di miscelazione

Per questo motivo si preferisce inserirlo quasi sempre a chiusura impasto in modo da non interferire, facilitando l’incordatura. Qualcuno lo miscela direttamente alla farina. La ragione per cui il sale irrigidisce il glutine deve essere ricercata nel fatto che quest’ultimo si compone di proteine dotate di carica elettrostatica negativa le quali, respingendosi a vicenda, non vengono attratte reciprocamente le une dalle altre.

La farina si idrata più velocemente quando ritardiamo l’inserimento del sale

Il pane privo di sale, oltre ad una crosta piuttosto pallida presenta una mollica piuttosto grossolana perché che la maglia glutinica fatica a strutturarsi. La stessa cosa però avviene nel pane che contiene concentrazioni di sale superiore al 2%. Semmai la percentuale di sale fosse elevata fino ad arrivare al 5%, la mollica si presenterebbe assai densa e compatta perché il lievito, come abbiamo visto, con l’eccesso di sale può essere inibito nella sua fase fermentativa relativamente alla produzione di ossigeno (CO 2). A questi livelli ci si dovrà aspettare un volume del pane alquanto basso con crosta relativamente pallida.

Un sostituto accettabile del sale potrebbe essere il cloruro di potassio in quanto fondamentalmente, provoca i medesimi effetti reologici sull’impasto

Tuttavia se il sale venisse sostituito nell’impasto con la stessa quantità di cloruro di potassio, il pane presenterebbe un sapore pressoché amaro che comunque scomparirebbe dopo 2 o 3 giorni. Un dato interessante è che il cloruro di potassio presenta anche un basso effetto inibitorio sul lievitoa bbreviando i tempi di “posa” e i tempi di miscelazione.

Quando si inserisce un livello di sale pari al 2% sulla farina e il sale può essere sostituito da una miscela di cloruro di sodio e cloruro di potassio con un rapporto di 50:50. Questo abbrevia i tempi di miscelazione di circa il 15%.

Il cloruro di potassio non è solubile tanto quanto il cloruro di sodio

E’ pertanto importante scegliere un cloruro di potassio a trama “fine” e non “grossolana” per consentire una migliore dissolvenza perché i granuli interi causano delle macchie di color marrone scuro sulla crosta.

Fonte: Noël Haegens et. al

Considerazioni Ulteriori

Una volta che la farina di frumento viene mescolata con acqua per preparare un impasto, il sistema subisce variazioni fisiche e moleocolari macroscopiche: la farina, che di per se ha una sua umidità relativa, è una polvere che a contatto con l’acqua origina un impasto umido e appiccicoso apparentemente omogeneo che, con un’adeguato impastamento, ingloba la polvere residua e lentamente si trasforma in un composto “plastico”. Queste trasformazioni avvengono durante la miscelazione e possono essere monitorate in modo soddisfacente mediante l’ausilio di un farinografo standard che consente anche una caratterizzazione approssimativa della farina sulla base di pochi parametri empirici, vale a dire: il tempo richiesto per raggiungere una miscelazione massima, il valore (espresso in unità arbitrarie o unità Braebender) di assorbimento e la sua tendenza, espressa in tempo massimo di decadimento, a “decadere” perdendo stabilità. Sebbene molto pratico per le applicazioni di routine, questo approccio non può rivelare l’esatto meccanismo del processo a livello molecolare e intermolecolare pertanto non può essere di aiuto a coloro che mirano a migliorare la qualità dell’impasto attraverso le modifiche di una ricetta, determinate dalle diversità dei trattamenti meccanici di rilassamento e lievitazione, fermentazione e condizioni di cottura.

Alcuni metodi, come la calorimetria (analisi termiche tradizionali) e la reologia (scienza che studia la trasformazione della materia), consentono la rilevazione di proprietà macroscopiche, come la capacità termica, l’entalpia di transizione (calore latente del processo di fusione a pressione costante), la stabilità termodinamica , il comportamento viscoelastico ( Schiraldi et al., 1999). Ulteriori informazioni sui fenomeni che coinvolgono singole molecole o cluster, su molecole relativamente piccole possono essere rilevati con la RMN (Risonanza Magnetica Nuclare), la rilassometria (Hills , 1999; Leung et al. , 1983; Vittadini, 1998; Kim, 2001), la riflettenza ad infrarossi e così via. Chiaramente sono tecniche sperimentali, specifiche che vengono raccolte per ogni singolo componente di un impasto poiché sia la farina, sia l’acqua sia il lievito e sia il sale, sono analizzabili come materie e/o masse a sé stanti ed influenzano, in base alla tecnica operativa impiegata, il comportamento intrinseco ed estrinseco di interazione e congiunzione. Quando l’obiettivo di un’indagine viene spostato sull’acqua, è provato con assoluta certezza che le mlecole d’acqua all’interno di un impasto di pane producono degli “stati”  individuali e indipendenti legati alla mobilità delle molecole che interferiscono con altre leggi fisiche che interessano la termodinamica, la cinetica molecolare e la stessa reologia che tentano di identificare la ripartizione degli ingredienti e dell’acqua stessa all’interno di un impasto di pane e pizza (Kim, 2001; Kou et al., 2002). Ogni indagine sperimentale è utile a migliorare la prospettiva d’insieme tuttavia, pur seguendo linee guida non consente una certezza assoluta riguardo alle effettive reazioni, bensì una relativa interpretazione rispetto a quello che è poi il risultato di un impasto realizzato dall’operatore, sia esso realizzato in casa o in una panetteria. La comprensione dei fenomeni a livello microscopico e mesoscopico, provenienti da indagini sofisticate, dovrà essere “scalata” per fornire una spiegazione chiarificatrice del comportamento macroscopico complessivo degli impasti. Un libro interessante da poter leggere in merito all’esperienza di coloro che hanno approfondito come l’acqua, onnipresente nell’impasto, possa essere responsabile delle variazioni chimico fisiche di un impasto è il “Watery eye” (Bockris e Reddy, 1973) che tratta quesiti relativi ad una visione completa ed evolutiva di come essa possa essere trasportata (funzione di moto) quando si trova a contatto con la farina, componente molecolare aggregante e aggregato e parallelamente in competizione con essa.

Quali molecole sono implicate? come si traduce la ripartizione dell’acqua e qual’è il risultato dell’interazione e come l’acqua si correla allo stato dell’impasto prima, durante e dopo l’impasto e la cottura? La dinamica degli impasti è notevolmente influenzata da agenti fisici oltre che chimici. Infatti, fisicamente, la miscelazione di un impasto si propone una serie di obiettivi prima ancora di pensare a quanto avviene chimicamente:

  • incorporare uniformemente tutti gli ingredienti
  • idratare la farina e altri ingredienti secchi
  • sviluppo del glutine (per sviluppare il glutine bisogna impiegare energia e mescolare l’acqua e la farina)

Nella tradizionale impastatrice a spirale, il tempo di miscelazione di un impasto di varia a seconda di fattori quali: la qualità della farina e il metodo di miscelazione (nel momento in cui il sale viene aggiunto influenzerà il tempo di miscelazione poiché l’aggiunta ritardata di cloruro di sodio riduce il tempo di miscelazione). Durante l’impastamento l’impasto percorrerà numerosi stadi in cui i tempi di miscelazione saranno influenzati da:

  • velocità e design dell’impastatrice
  • dimensione dell’impasto in relazione alla capacità dell’impastatrice
  • temperatura dell’impasto (efficienza dei sistemi di raffreddamento)
  • qualità della farina
  • assorbimento d’acqua della farina (influenzato dalla dimensione delle particelle)
  • stabilità di miscelazione in base alla disposizione molecolare proteica
  • quantità e tipo di agenti riducenti e ossidanti
  • quantità di agenti che competono con  l’acqua
    (maggiore è la loro concentrazione, più lungo sarà il tempo di miscelazione perché c’è meno acqua disponibile per lo sviluppo del glutine.

Esistono diversi tipi di macchine per la miscelazione degli ingredienti e tutte influiscono sugli “stati” dell’impasto:

  • miscelazione e laminazione (ancora utilizzata abbastanza spesso in Italia per produrre panini tipici italiani. Dopo aver mescolato l’impasto, esso viene sottoposto ad uno “stress” fisico provocato da rulli laminatoi, fino ad ottenere una struttura particolarmente fine. Uno strumento simile viene anche utilizzato nelle industrie alimentari per pane tostato
  • miscelatore a spirale
  • impastatrice a forcella (tipicamente utilizzata per produrre baguette)
  • impastatrice a braccia tuffanti che imita i movimenti umani
  • miscelatore verticale con gancio
  • mixer orizzontale (raramente trovato in Europa ma molto diffuso negli Stati Uniti)
  • impastatrici planetarie ad alta velocità
  • impastatrici a miscelazione continua

Qualunque sia il tipo di impastatrice utilizzata, l’obiettivo primario resta sempre lo stesso: sviluppare il glutine alla massima capacità di ritenzione del gas anche quando gli impasti vengono miscelati a mano.

Le ragioni dell’utilizzo del sale nei prodotti alimentari possono essere suddivise in quattro  macrocategorie:

  • operative
  • sensoriali
  • fermentative
  • conservative

Il suo scopo negli impasti influenza ogni signolo componente dell’impasto e provoca delle reazioni chimico-fisiche, che rientrano nei complicati processi intrinseci all’impasto: idrolisi, pressione dei gas, formazione di legami ionici e anionici, reazioni, igroscopiche e antiossidanti che rientrano in ulteriori scienze fisiche (cinematica, termodinamica ecc) e che tornano tutti al discorso filosofico di equilibrio della materia e del plasma, che nel caso degli impasti rientra perfettamente nel termine “entalpia di formazione“.

Alla luce di queste leggi, il sale viene inserito nella farina, non per capriccio, bensì per questioni chimico-fisiche poiché concorre e interagisce con e in TUTTE le fasi di un impasto, dall’inizio alla fine. Interagisce con le proteine del glutine, con i lieviti e quindi con le fermentazioni, con l’amido e la sua conformazione molecolare e con la fase di gelatinizzazione e caramellizazione che avvengono in cottura. Se disperso in acqua, non riesce a svolgere il ruolo di scambio inter e intramolecolare che svolge invece quando si trova a contatto diretto con le basi proteiche ed enzimatiche e non esiste, per lo più, documento al mondo che “insegni” a miscelare il sale con l’acqua, se non quando si debba cuocere la pasta che, naturalmente, deve essere bollente (termofisica, stato e moto dei gas, temperatura assoluta e relativa ecc.)

E’ chiaro che non tutti affrontano la questione impasti dal punto di vista chimico-fisico e non tutti quindi sanno quanto essi siano assoggettati a processi fisici, chimici, reologici e termodinamici (che sono alla base di ogni “materia” ). Tuttavia arriva il momento in cui ci si pongono domande come: quanto volume, o quanta massa devo inserire all’interno di uno stampo? Perché l’impasto deve raddoppiare o triplicare?Quale effetto provoca il sale negli impasti? Cosa avviene se lo si omette e quli effetti avrà sul pane? Perché tizio ha più bolle di caio? Perché il sale per la pasta si aggiunge prima della fine e non all’inizio, oppure mentre l’acqua è in ebollizione e non quando l’acqua è fredda o dopo aver versato la pasta? Cosa avviene quando viene idrolizzato in acqua fredda?
E così via…

Un impasto è un “plasma” che risponde al quarto “stato” degli elementi della natura (Empedocle) e da lì, tutto ha origine.

Le risposte ci sono e sono tutte nelle leggi chimico-fisiche. Non pensiamo ad un impasto solamente come se fosse un corpo distaccato dallo spazio fisico che  tutti occupiamo e che osserva leggi specifiche…osserviamolo anche attraverso altri punti di vista e capiremo il motivo del “tutto”.

Buon pane 😉

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