La passione per il pane ci unisce!?!
Frase storica ma abbastanza retorica poiché secondo me, sarebbe il caso di rivedere la formula espressiva e lessicale sostituendola con: “la passione per il pane ci accomuna” (e non ci unisce).
Ritengo che il gusto personale per le cose in generale o quella che anche in arte bianca viene definita scuola di pensiero, sia davvero molto personale. Non a tutti piacciono le medesime cose e questo, spesso, genera disaccordo tra le persone. Se io amo qualcosa e/o ambisco a qualcosa, in questo caso, ad un prodotto che non necessariamente corrisponde a quello che piace a qualcun altro, sono da bandire o da criticare? Perché, mi domando, le persone non accettano mentalmente che qualcuno, diverso da loro, possa pensarla diversamente?
Questa mia riflessione scaturisce da alcune vicende che mi dimostrano quanto, molto di ciò che facciamo, può divenire tendenza senza per questo essere soggetta a critiche. Questo accade forse perché qualcuno appoggia o sostiene alcuni “concetti” che con il tempo vengono accettati dalla comunità come normali o ambiti, per questioni di stima verso chi arriva e li trasforma in qualcosa di bello.
Una tendenza in fin dei conti è puramente un’inclinazione; una propensione verso un’ideale generato da qualcosa o qualcuno, oppure è insita spontaneamente dentro di noi verso un modo di operare o di agire, talvolta controcorrente, pur di raggiungere un personale obiettivo. Ebbene nulla di così catastrofico o trascendentale però, abbastanza disarmante!
Ciò che potrebbe essere definita “armonia di pensiero” tra soggetti differenti, spesso si tramuta in “dissonanza” e più propriamente, definita e delineata come “divergenza”. Frequentemente le persone non riescono a riconoscere o accettare una qualsivoglia divergenza e di conseguenza, i dialoghi si tramutano in dibattiti che a loro volta si tramutano in discussioni accese che divengono liti e le liti, signori miei, dividono. La passione per il pane ci accomuna ma divide.
I pensieri che “divergono” esplodono in diramazioni di tendenza per quello che, in fin dei conti, è solo un gusto personale, spesso anche comodo a chi sa nascondere bene un eventuale errore.
Oggi vi parlerò di una tendenza di gusto, quella che si osserva sulla crosta di un pane che si presenta butterato, con tante microscopiche bollicine o vescicole in superficie.
Quando operiamo con una certa frequenza, ci troviamo davanti a situazioni che spesso non sappiamo spiegarci e che tuttavia, se ricercate, trovano risposte nella letteratura scientifica e non.
Io mi limiterò come sempre a riportare in modo comprensibile, ciò che ho letto e tradotto riguardo al perché la crosta del pane, somigli molto ad un guscio di tartaruga e si presenta con vescicole (potete osservarlo nella foto sottostante).
Secondo la Sourdough Library ma anche per la scienza, questa antiestetica (per taluni) crosta di pane viene talvolta incoraggiata con svariate tecniche di lavorazione o metodiche di processo. In proposito ho trovato un video che spiega come fare per ottenerle.
Ecco qui che entriamo nel merito del gusto personale cui mi riferivo poc’anzi poiché ci sono persone e culture che ricercano proprio questo aspetto nella crosta del loro pane.
La formazione di bolle sulla superficie può derivare da diversi fattori:
- Utilizzo di impasti altamente acidi (pasta acida con basso valore di pH, precedentemente fermentata a freddo);
- Ritardo della fermentazione durante l’impermeabilizzazione in fase di appretto
- Spennellatura o abbondante nebulizzazione con acqua sull’impasto poco prima della cottura finale
- Iniezione di vapore nel forno caldo durante la fase iniziale di cottura durante i primi 10/15 minuti di sviluppo del pane.
La più frequente causa o risposta all’azione di ottenimento delle vescicole da parte di chi le ricerca o chi ne è “vittima”, è comunque da attribuire all’estensione delle tempistiche di fermentazione di un impasto acido che sosta a basse temperature.
Depositando l’impasto a basse temperature, spesso in frigorifero o anche dentro un ferma lievitazione, si generano queste vescicole sulla superficie della crosta che possono essere involontarie o ricercate.
Quando l’impasto viene refrigerato, anche fino a +3°C per molte ore, il glutine subisce una naturale degradazione e l’impasto forma come un serbatoio di gas in eccesso prodotto dall’attività del lievito. Poiché i gas sono più solubili in acqua a temperature più basse, l’anidride carbonica generata dal lievito si dissolve lentamente, diffondendosi per tutto l’impasto fino a trasudare in superficie. Quando l’impasto viene poi inserito nel forno preventivamente riscaldato, il gas trattenuto si disperde e sulla superficie della crosta che man mano inspessisce, si rileveranno delle piccole celle tondeggianti o vescicole di anidride carbonica che resteranno ben impresse sulla crosta del nostro pane. Con più acqua e meno farina si otterrà una maggior lucentezza, viceversa, una crosta più opaca.
In Francia per esempio, le vescicole sulla superficie della crosta sono considerate difetti e pertanto, la maggior parte dei fornai francesi, evita impasti che presentano poi queste “antiestetiche” vescicole sul pane.
Le vescicole sono comunque una chiara e netta indicazione che l’impasto ha fermentato troppe ore (e forse anche giorni) in un luogo freddo. La particolarità è che esso è caratterizzato da note più aromatiche e tendenti più all’acidulo del normale.
A San Francisco (USA), dove le vescicole sul pane non sono invece considerate insolite o un difetto, questa particolarità può addirittura essere richiesta fino a tramutarsi in pregio.
Ed ecco che torniamo al discorso iniziale sulla tendenza e sul gusto. Cosa piace a noi e come preferiamo la crosta del nostro pane?