Nuovi risvolti, nel recentissimo studio scientifico, datato 17 gennaio 2019. Premetto che su questo sito, non ho mai volutamente promosso o approfondito discorsi relativi alla salute o ai benefici derivanti dall’assunzione giornaliera umana, poiché ritengo che a questo quesito debbano pensare gli addetti ai lavori. Tuttavia, lo studio in questione è molto interessante e sottolinea un aspetto significativo che mi è parso importante sottolineare. Evidenzia, tra le altre cose, in modo molto diplomatico, quanto, effettivamente, il consumatore si lasci spesso fuorviare dal marketing e quanto, realmente, egli possa trarre benefici fisiologici consumando prodotti derivati da cereali integrali contenenti crusca e germe di grano, che promettono di fungere da schermo prottettivo per le prevenzione delle patologie cardiovascolari.
Lo studio, tra l’altro, sottolinea che il germe di grano, a causa dell’elevato contenuto di grassi insaturi, lipasi e lipossigenasi, diventa rancido molto rapidamente, influendo dunque NEGATIVAMENTE sulle proprietà sensoriali del prodotto finito”. Un’ulteriore conferma all’incessante martellamento di chi, per rispetto degli individui, contrasta i media, il marketing e il business che purtroppo, corrispondono ad elementi che portano fuori strada il consumatore che, ignaro, fiducioso e fuorviato, asseconda, purtroppo, la promozione e la vendita degli sfarinati contenenti germe di grano.
L’intento dello studio, mirato ad evidenziare se l’assunzione del germe è realmente associata ad un ridotto rischio di malattia cardiovascolare (CVD). Questa evidenza, rinforzata dalla convinzione che la presenza del germe possa essere associata a benefici, è risultata in disaccordo con le conclusioni tratte da informazioni raccolte precedentemente. Allo scopo di chiarire il ruolo del germe nella prevenzione primaria di episodi legati alle patologie cardiovascolari, il gruppo dei ricercatori hanno valutato e dedotto che, per ottenere dei benefici, si dovrebbe aumentare la dose giornaliera rispetto ai 6 g/die. Inoltre, le proprietà sensoriali del pane bianco, ottenuto con farina a basso tasso di estrazione, sono concomitanti a quella che corrisponde all’accettazione, da parte del consumatore, di questo concetto.
Il Trial clinico, svoltosi presso un unico centro di ricerca, in Portogallo, ha previsto un riscontro incrociato con random in doppio cieco della durata di 15 settimane totali che comprendevano l’assunzione giornaliera di pane di frumento raffermo, arricchito con 6 g di germe di grano e pane privato del germe con controlli mirati ad eventuali variazioni su diversi parametri: colesterolo, trigliceridi a digiuno, glicemia a digiuno e post-prandiale, sensibilità all’insulina e proteina C reattiva.
I risultati conclusivi non hanno dimostrato alcun effetto significativo, in merito all’assunzione giornaliera di germe di grano. I parametri sopra indicati hanno dimostrato che 6 g di germe di grano al giorno non sortiscono alcun effetto positivo sul metabolismo. L’assenza di alterazioni sui profili lipidico e glicemico, suggerisce è importante continuare ad indagare su altri veicoli alimentari, oltre al pane, in grado di poter offrire dosi più cospicue e integrative.
Questo studio, comunque, mantiene la questione ancora aperta (e non potrebbe essere altrimenti) ma evidenzia che la spasmodica ricerca e consumo di sfarinati per panificazione contenenti germe di grano, attualmente è assolutamente ininfluente.
Gruppo di studio:
- Centro per la ricerca sulle tecnologie e i servizi sanitari (CINTESIS), Porto, Portogallo
- Dipartimento di Scienze della Medicina, Informazione e Salute delle Comunità (MEDCIDS), Università di Porto, Portogallo
- Nutrizione e metabolismo, Università NOVA di Lisbona, NOVA Medical School, Lisbona, Portogallo
- Servizio di malattie infettive, Hospital Curry Cabral, Lisbona, Portogallo
- Centro di ingegneria biologica, Università del Minho, Braga, Portogallo
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