Il termine biga, impasto pre-fermentato di origini italiane, indica una miscelazione di farina, acqua e lievito (in bassa percentuale) che precede l’impasto finale. Di consistenza asciutta, viene sottoposto a numerose ore di fermentazione per consentire al prodotto finale diverse qualità. L’origine etimologica del nome è probabilmente attribuibile al significato di “biga”, antico carro risalente all’Impero greco-romano, trainato da due cavalli oppure ad una gru, capace di sollevare grossi carichi. Se rapportata al pane, la biga è la struttura portante, l’impalcatura di un impasto che dovendo sollevarsi (lievitare) dovrà possedere una struttura ben solida tanto da conferire volume al prodotto finito.
Sostanzialmente, la biga è una coltura a freddo (18/20°C) che al tatto si presenta molto consistente (42/46% di acqua impiegata e sottratta al totale). Secondo quanto scrivono libri autorevoli, pur non riportando le origini storiche, la biga è una coltura che sviluppa aromi particolari, molto salda al tatto, preparata con 42-46% di acqua (sulla farina di biga) ad una temperatura compresa tra i 15 e i 18°C e resa “attiva” da una bassa dose di lievito (1%). Il tempo di riposo della biga è indicativamente tra le 16 e le 18 ore, deposta in un ferma biga alla temperatura di 16/18°C.
In assenza di un ferma biga, gli ingredienti e la dose di lievito impiegata possono variare a seconda della stagione e della temperatura ambientale di stazionamento. Se la biga viene lasciata a fermentare nell’ambiente e quindi non a temperatura controllata, si può aggiungere una piccola percentuale di sale (0,5-1%) per impedire la sua eccessiva fermentazione.
Con l’aumentare delle temperature si può anche pensare di ridurre la dose di lievito che può scendere fino allo 0.7/0.8% del peso sulla farina impiegata per la biga. Stesso discorso per la quantità di acqua (calcolata sulla farina di biga) che in inverno può essere del 50% o diminuita a 40/42% nelle giornate molto calde o in estate.
In relazione alla temperatura si rende quindi opportuno variare la percentuale di lievito da impiegare che, come già anticipato, può variare dall’’1% in caso di temperature comprese tra 25-30°C o del 2%, in caso di temperature comprese tra 18-20°C.
Notare come le temperature influenzano molto la lievitazione infatti a 30/35° i lieviti si trovano in piena attività fermentativa e riproduttiva. Superando però i 35°C i lieviti soffrono e a 45/50°C muoiono.
La maturazione della biga avviene molto lentamente e termina più o meno quando l’impasto raggiunge un pH 5,2-5,7.
Il pH della biga ma anche degli impasti in generale, può essere misurato con uno strumento apposito denominato pH-metro, che misura l’acidità di una sostanza liquida. In assenza, si possono sfruttare le qualità sensoriali ma solo l’esperienza potrà davvero aiutarci a capire quando essa è davvero matura al punto giusto.
La preparazione della biga richiede l’impiego di farine adeguate, piuttosto forti e superiori al parametro di W 300. Molto importanti però, sono anche il tempo dedicato all’impasto della stessa, che deve essere brevissimo (3-4 minuti a bassa velocità) e la sua temperatura finale di stazionamento, che non deve mai superare i 18/21°C in inverno e 16/18°C in estate (onde evitare che fermenti troppo velocemente).
Come risultato della procedura, l’impasto consta di tre importanti obiettivi:
- Moltiplicazione dei lieviti
- Idratazione e maturazione del glutine
- Formazione di sostanze acide e aromatiche
In pratica ciò che alla fine si ottiene è un preimpasto forte, attivo e maturo. Come già detto, per la formazione di un biga necessita di una farina che presenta un stabilità, quindi, non troppo “attiva” durante la fermentazione. Mancando questi valori, può verificarsi una rapida decomposizione e degrado dell’impasto.
Oltre alla scelta della farina e alla corretta implementazione della procedura, le condizioni per ottimizzare una biga sono le seguenti
- La biga non deve essere miscelata intensamente per un lungo periodo poiché la sovra-miscelazione dell’impasto indebolisce il glutine e causa un’eccssiva ritenzione di gas che provocherebbe un rapido “gonfiore” del composto miscelato con conseguente collasso.
- Quando la miscelazione della biga è completa, la temperatura dell’impasto non deve superare i 20°C in inverno o i 18°C in estate; altrimenti la fermentazione risulterà accelerata.
- Soprattutto in estate, lasciare la biga in un luogo fresco e privo di correnti d’aria.
- Dopo il processo fermentativo non attendere troppo a lungo prima di proseguire con le procedure operative successive altrimenti, la biga può acquisire un sapore amaro e deteriorare il prodotto con conseguenti aspetti negativi per il prodotto finale.
Una biga a lunga fermentazione è possibile (36/48 ore). In tal caso, sottoporre il preimpasto di biga ad una temperatura di +4°C durante le prime 24 ore e proseguire poi normalmente alle temperature sopra descritte per le ore successive.
La percentuale di impiego varia dal 20 all’80% di farina sul rinfresco finale.
Ad esempio se su 1 kg di farina totale mandiamo in biga l’80%, significa che la biga sarà composta da 800 g di farina forte, 368 g di acqua (46%) e 1-2% di lievito compresso. La temperatura dell’acqua dovrà poi essere calcolata in base alla formula sottostante e alla temperatura di stazionamento.
Una biga matura dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche:
- Presentare una superficie convessa che indica che essa è ancora in fase di rigonfiamento attivo
- avere una fragranza acido-aromatica forte, ma non esageratamente
- Dmisurare un pH tra 5,2 e 5,0.
Come si calcola la temperatura dell’acqua per la biga
La somma della temperatura della farina, dell’acqua e dell’ambiente restituisce un valore fisso di 55. Se al valore fisso 55 sottraiamo il valore della temperatura di stazionamento ambientale della biga e la temperatura della farina, otteniamo la corretta temperatura dell’acqua da utilizzare per impastare la biga.
Rispettando tempi e caratteristiche, si permette alla farina di conseguire tre risultati:
- idratazione e buona manutenzione del glutine;
- moltiplicazione delle cellule dei lieviti;
- formazione di sostanze acide e aromatiche nell’impasto che ritroveremo sotto forma di qualità organolettiche nel prodotto finale
Una biga in ottime condizioni e matura al punto giusto, si riconoscerà dalla sua spugnosità, chiara al suo interno, visibilmente asciutta, soffice al tatto, ben sviluppata e con un aroma ben pronunciato.
Lo scopo dell’utilizzo di una biga contepla i seguenti aspetti:
- migliore shelf life e migliore qualità dell’impasto e quindi maggiore tolleranza alla fermentazione durante la cottura
- sapore del prodotto amplificato notevolmente
- freschezza prolungata del prodotto
Biga veloce (o lievitino): 0.8/1% di lievito su farina (di biga) e il 45/50% di acqua. Formare l’impasto sodo e immergerlo in acqua tiepida (tre volte il peso del composto) per 20-30 minuti circa. Capovolgere l’anello per circa 15 minuti. Quando galleggia, è pronto. Questa è una biga ideale per una pasta ricca.
La pouliche veloce (poolish o biga liquida): 1 parte di farina, 5% di lievito e 1 parte di acqua. La temperatura ambiente dovrebbe essere di circa 25°C. Questa biga liquida matura in 2 ore. Il grado di maturità è giudicato dall’intensità delle bolle che si formano sulla superficie e dalle crepe che vi si formano. Questa “biga” è ideale per prodotti caratterizzati da una crosta sottile e croccante, una mollica elastica e una buona struttura cellulare (per ulteriori approfondimenti sul poolish e tempistiche vai a questa pagina).
La biga corta o biga breve: 1 parte di farina, 3-5% di lievito e 52/55% di acqua rispetto al peso della farina di biga. La durata della fermentazione è di circa 3 ore a una temperatura ambiente di circa 25°C.
La biga lunga: 47/50% di acqua e 1-1,2% di lievito su farina (di biga). La durata della fermentazione è compresa tra 8 e 14 ore. A seconda della temperatura ambiente, la fermentazione può durare per 18 ore a +6°C. (Le fonti di queste nozioni sono prese da “gli artigiani del pane ovvero The artisan of bread e si basano su testi autorevoli “Scienza e Tecnologia della Panificazione ” di G Quaglia, e “Il Pane, Un’arte, Una Technologia “, di P.Giorilli e Simona Lauri.
Per ulteriori informazioni consultare anche questo LINK (di Simona Lauri) o scaricare il pdf che segue
Per finire, aggiungerei che in panificazione non esiste una regola fissa o prefissata per una impasto di base. In fondo, se ci pensiamo bene è l’artigiano che, con le proprie capacità, sceglie quale metodo operativo scegliere per il prodotto che desidera ottenere, a seconda del proprio gusto, umano e soggettivo. Attenendosi a queste direttive, tutte diversificate ma tutte valide, si potranno varcare orizzonti, quindi aromi e sapori della panificazione, che ci renderanno sempre più orgogliosi del nostro operato, indipendentemente dalla scelta del metodo impiegato. L’importante è operare sempre con amore e passione.
Buona panificazione!