Storia di una metodica di processo molto discussa e che ancora oggi fa discutere appassionati e non: l’autolisi (di cui vi ho già parlato qui).
C’è molta confusione tra Autolisi e idrolisi e qualcuno tra gli amatoriali asserisce che la metodica di esecuzione possa prevedere l’impiego del lievito o della pasta acida. Non è così.
Qualcuno inoltre è convinto erroneamente che si debba operare con questa metodica utilizzando parte (55/60%) o tutta l’acqua della ricetta chiamando questo processo, metodica di idrolisi. Purtroppo non è assolutamente così. Il processo o la reazione di idrolisi prevede l’impiego di un calcolo ben preciso che va fatto sul totale della farina della ricetta e la metodica si chiama autolisi (ovvero auto disgregazione delle proteine che formano il glutine). Il processo non va calcolato sull’acqua o sul totale dell’acqua prevista per la ricetta stessa ma, sul totale della farina prevista per tutto l’impasto! Per quanto alcuni soggetti vogliano farle passare per scuole di pensiero (dove sta scritto non saprei), sono totalmente errate e diffuse in modo da confondere molte persone sul processo in se.
Ma come nasce la metodica di processo che origina il fenomeno biochimico e la conseguente REAZIONE di IDROLISI?
Raymond Calvel (Tarn 1913-2005), grande esperto e docente di panificaizone e cottura francese, è famoso per la rinascita e lo stile del pane tradizionale francese, nonché per lo sviluppo di un ampio scenario di stesura di documenti sulle sue ricerche in merito alle tecniche della panificazione. I suoi studi erano volti alle differenze di stile e le varie metodiche di lavoro tra popoli europei e americani e in aggiunta, si dedicò a ricerche e metodiche di macinazione della farina di frumento e, non meno importante, lo si ricorda per lo sviluppo della metodica di lavoro che prevede l’impiego dell’autolisi.
La sua storia
R. Calvel acquisisce il titolo di fornaio rurale tra il 1930 e il 1933, il che gli consente di forgiarsi di un solido know-how alla giovine età di 27 anni. Da apprendista, presso un panificio secolare, toccando e modellando l’impasto, fermentato con lievito naturale, acquisisce le prime basi della cultura della antica panificazione tradizionale. La sua sete di conoscenza lo conduce a Parigi dove segue corsi avanzati di teoria e pratica, presso la allora recentissima “Bakery School” dei Grands Moulins de Paris. Calvel apprende i numerosi segreti della cottura, le sottigliezze del punto di pasta e le regolari incisioni con lame affilate sulle già primordiali baguette parigine. Viene notato dai suoi insegnanti per la sua dedizione allo studio e bravura e negli anni 1933 – 1936, coglie ogni occasione per esercitarsi presso le migliori panetterie della capitale. Il giovane fornaio, non appena laureato, incontra una grande personalità presso il molino Henri Nuret. Questo incontro lo conduce ad una decisiva svolta per la ricerca di ottimizzazione della macinazione a cilindri. Il reciproco rispetto e una forte amicizia tra i due uomini, si traduce in un riscontro positivo per la vita di R. Calvel che diviene un rigoroso e oculato sperimentatore. Nuret lo invita inoltre a scrivere degli articoli tecnici (1938) e il giovane fornaio acquisisce e affina anche la terminologia professionale tanto che viene presto coinvolto anche nella docenza, dedicandosi a corsi professionali fino al suo ritiro (1978).
Nel 1948 pubblica il libro “Sostituti del pane“; un testo in cui si evince la sua piena ricchezza e precisione, specialmente nelle varianti del flusso di lavoro di un impasto lievitato. In qualità di consulente tecnico dell’UNCAC (1946), coglie molto presto le opportunità che gli si presentano e inizia viaggi d’affari all’estero (1948 Regno Unito, 1950 Stati Uniti). Nel 1954, rispondendo a una richiesta dal giappone, R. Calvel vola nel sol levante per dimostrare le sue teorie; un viaggio durato tre mesi dove pone le fondamenta per la nascita di un futuro stabilimento dedicato al pane francese. Qui inizia una più stretta collaborazione che lo porterà a viaggiare successivamente in quel sito per ben 30 volte e più.
Negli anni ’50, R. Calvel lavora attivamente sui processi di produzione delle fette biscottate. Sarà spesso richiesto infatti, in qualità di consulente, nelle biscotterie francesi che, grazie ai suoi metodi, ebbero una elevata ascesa commerciale. Il suo articolo datato 1951, relativo alla tecnologia della produzione di fette biscottate, resta un modello unico del suo genio. Molto apprezzato, resterà consulente all’estero per le linee di produzione di biscotti e pane francese fino agli anni ’80.
La tecnica di impasto e le relative concause in merito alle caratteristiche organolettiche del pane cotto, si incontrano frequentemente in tutta la produzione letteraria di R. Calvel.
Durante l’estate del 1957, allertato da diversi mugnai, R. Calvel si reca nell’ovest della Francia per poter studiare un metodo più efficace per impastare il pane bianco. Frequentemente ricercato, nel 1959 mette in risalto le notevoli difficoltà che derivavano dall’uso delle prime impastatrici meccaniche. Evocando le nuove tecniche di rallentamento della fermentazione a freddo, vede la possibilità di apportare benefici e flessibilità nei diagrammi di lavoro per ridurre il lavoro notturno (1961).
Al ritorno dal suo viaggio, esprime tuttavia grandi riserve sulle elevate dosi di lievito, e fa riferimento alla mollica del pane riferendosi alla mollica “a nido d’ape”. Nota altresì che la mollica del pane risultava più bianca del solito, un bianco opaco e senza vita, praticamente “gessato”. Egli avverte che mediante questa nuova tecnica di impasto, il colore bianco crema che invece era una delle caratteristiche fondamentali del pane francese, diminuisce o scompare del tutto e osserva anche che l’efficacia dello spettacolare effetto sbiancante, era dato dalla farina di fagioli. Sempre nel 1961, R. Calvel pur ammettendo che la farina di fagioli nella misura dell’1/1,5% determinava un “prezioso” miglioramento estetico, aggiunge: “Il rischio è alto e nonostante la seduzione che l’utilizzo di questa farina possa esercitare, più bianca diviene la mollica, più di grandi dimensioni sono gli alveoli e più il pane si presenta inodore e insapore”.
Nel febbraio del 1967, pubblica un ulteriore documento di elevata importanza intitolato “Impastare e cuocere”, dove mette nuovamente in risalto i misfatti di un impasto intensificato e portato avanti con questa moderna metodologia. Secondo Calvel “la qualità del pane non trova il suo valore senza “rumore” e, gradualmente, le generazioni più giovani avrebbero perduto il gusto del pane e così è stato. Nello stesso anno, invoca incessantemente un metodo migliore di impastamento ma si trova coinvolto nella promozione del pane moderno denominato “Super Art” dove assiste, demotivato, al declino del pane antico tradizionale, saporito e con quella bella mollica color crema. La modernizzazione con la metodica di lavoro intensificata per la produzione del “pane bianco”, prendeva il sopravvento e negli anni successivi i vari tentativi di promuovere migliorie falliscono miseramente mentre la qualità del pane andava sempre più peggiorando.
Nel 1973, R. Calvel solleva il tono nell’ambito della sua conferenza “L’evoluzione e la qualità del pane”, poiché dal suo punto di vista il pane non aveva sapore e non corrispondeva più alla sua immagine primordiale. Il professore descrive e promuove la farina di fagioli come un “agente molto attivo e molto naturale” che definisce di “lisciviazione”. Disilluso dal risultato negativo della sua campagna anti sbiancamento, nel 1967 cita: “Il progresso materiale avanza ad un ritmo “scarmigliato”.
R. Calvel muove comunque una successiva campagna nel rispetto delle due fasi di fermentazione, offrendo un generoso contributo alla tecnica di lavorazione della pasta pre-fermentata.
Già nel 1961 ispira Marc Eullafroy nel suo documento “La produzione di pane con fermentazione lenta” e nel 1970, il professore critica molto aspramente le tecniche evolutive relative alle fermentazioni accelerate con impasti contenenti elevate dosi di lievito. Nell’aprile del 1980, intitola un suo famoso editoriale “Quick and good? -Realizzare prima, qualcosa che è difficile da realizzare dopo“.
Gli attacchi ripetuti gli valsero grandi inimicizie e acide scritture. Il progresso del ritorno al pane naturale era “cosa difficile e laboriosa”. Tuttavia, nel 1980 su richiesta di Alain Storione, Calvell si reca ad istruire la squadra di panettieri Unimie, la quale partecipò allo sviluppo e al lancio della baguette francese. Nel gennaio del 1983 R. Calvel ribadisce la sua opposizione alla tecnica della lipossigenasi, sia da farina di fagioli che da quella di fave e/o di soia.
In collaborazione con Tripette e Renaud, R. Calvel concepì (1964) delle cultivar e l’anno seguente (1965), perfezionò il volume del seme, sviluppando un micro-test di panificazione. Dieci anni dopo (1974), pubblica un lungo papier che descrive il principio e i vantaggi del risultato di una metodica di processo: l’autolisi.
L’autolisi ad oggi è un metodo di lavoro molto impiegato. L’articolo che descrive il metodo di produzione del pane di grano “puro” risale al 1983 incentrato ad ottenere un impasto leggermente ossidato e una mollica piuttosto “selvatica”. L’insegnante è particolarmente affezionato al gusto del “puro grano” di questa produzione e raccomanda di omettere il passaggio relativo alla modellatura per la realizzazione di filoncini allungati e pane di formato rettangolare (ciabatte).
Tra il 1979 e il 2000, R. Calvel moltiplica i viaggi professionali, da solo o in coppia con il suo amico Jean Jacques Semlangne. L’esperto di pasticceria di tutto il mondo si avvaleva di una collaborazione attiva con panettieri brasiliani, argentini e coreani.
R. Calvel non fu solo un teorico. Dimostrò le sue affermazioni con produzioni di notevole qualità e gli piaceva dire: “La verità esce dal forno“! Frase che alla luce dell’odierna modalità di interazione sui social e in retesociale è più vera che mai.
“Mago della panetteria francese”, R. Calvel, per cinquant’anni, è stato un eccezionale ambasciatore del pane francese all’estero, conosciuto in tutto il mondo per le sue strabilianti teorie e tecniche di impasto. Questo grande “capitano” che non si è mai risparmiato impiegando le sue energie per combattere lotte e derive, generatore eccelso di emulatori in tutto il mondo, ci lascia nel 2005 con una letteratura dettagliatissima e soprattutto, resta nella storia, come un eccezionale modello da seguire.