Il ruolo delle bolle nella panificazione in linea di principio è semplice: il lievito produce anidride carbonica, facendo sì che le sacche di gas crescano come piccoli palloncini finché non si rompono, connettendosi con le altre sacche per produrre una schiuma a cellule aperte simile ad una spugna. Dietro questo processo espresso così semplicemente, esiste un quantitativo di nozioni fisiche che sorprendono.
Il lievito da solo non può produrre bolle a causa di un fenomeno noto come “Pressione o relazione di Laplace, fondata sull’effetto causato dalla tensione superficiale tra due corpi di natura diversa dove: a parità di pressione interna la componente verticale della tensione sarà la stessa. Inversamente, a parità di tensione superficiale, che attira le gocce d’acqua all’interno di sfere minute, la pressione di Laplace esercita una pressione sulle bolle di gas che galleggiano all’interno di un fluido. Più piccola è la bolla, più elevata è la pressione di Laplace e più energia sarà richiesta per formarla.
La formazione di bolle nel pane si basa quindi sul principio di nucleazione: migliaia di piccole bolle d’aria già formate durante il processo di miscelazione.
L’anidride carbonica prodotta dal lievito entra in queste bolle, sovrastando la pressione di Laplace in modo tale da formare quello che Nathan Myhrvold chiama simpaticamente “palloncini con poco glutine”.
Quando l’impasto “si gonfia”, queste bolle si espandono. La trama glutinica derivante dalle particelle proteiche della farina protegge le bolle abbastanza a lungo da farle aumentare di volume.
Questo fenomeno può essere osservato immergendo in acqua minerale una bacchetta di legno e subito dopo, una bacchetta di vetro. Noterete che le minuscole bolle si aggrappano più facilmente al legno piuttosto che al vetro poiché la ruvidità del legno favorirà l’attecchimento.
Quando si inforna un impasto crudo all’interno di un forno caldo, il calore scorre dalle pareti del forno verso la superficie dell’impasto irradiandosi verso il centro. Questo meccanismo, in fisica è chiamato conduzione di calore radiale o ad irraggiamento.
L’impasto crudo contiene minuscole bolle di gas contenenti acqua e anidride carbonica (escreta dalle cellule di lievito). L’acqua che, mediante il calore costante raggiunge il punto di evaporazione, si insinua nella bolla di gas nella zona più calda generando condensa nella zona più fredda. Sotto la spinta esercitata dal calore, la pressione dei gas all’interno della bolla aumenta, causando l’espansione della stessa e attraversando lo strato più sottile dell’impasto, andrà ad insinuarsi nella zona adiacente unificandosi con un’altra bolla. Questo processo, perpetuerà ciclicamente, in moto radiale dall’esterno verso l’interno fino a quando anche il centro del pane verrà raggiunto. La mollica del pane si presenterà gelatinizzata e il pane sarà cotto.
La dimensione della bolla è cruciale per molti panificatori poiché tutti sono sempre alla ricerca di grandi alveoli. Tuttavia, la tensione superficiale è inversamente proporzionale alla dimensione delle bolle e ciò significa che: più piccolo è il raggio di di una bolla, maggiore è la differenza di pressione necessaria per mantenerla in equilibrio ovvero, a parità di dimensioni, per espandere una bolla grande è necessaria molta meno energia, rispetto all’energia necessaria per espandere una bolla piccola.
Si deduce che non sarà sufficiente aumentare il quantitativo di acqua in un impasto per ottenere l’effetto desiderato, anzi, rischiereste di ottenere un prodotto umido e poco qualitativo. Un equilibrio di tutto il processo significa scegliere la corretta metodica di lavoro, pensando ancor prima di aver compiuto il gesto di impastare, a quale tipo di prodotto si desidera ottenere.
Fonte tradotta da: The Physics of bread
Buona panificazione.