L’ostinazione è una caratteristica personale e io sono ostinata. Questo pane, che ho voluto denominare Triticum Aestivum, pane Infibra per la tipologia del grano che lo contraddistingue ma anche per la denominazione della linea dello stesso sfarinato, mi ha fatto penare molto. Prima di riuscire a mostrarvi questo risultato ho realizzato altri due prodotti simili ma nulla hanno a che vedere con questo e vi spiego a breve il perché.
Premetto che le farine farine sono di assoluta qualità molitoria e prima di passare ai dettagli, desidero estendere il mio ringraziamento all’amico Stefano Ciccarelli che ha creduto in me e nel mio operato, poi al Molino Denti di Borzano di Albinea che è una delle maggiori realtà presenti nel territorio molitorio italiano.
Ho miscelato tra loro un grano tenero di tipo 0 studiato per pizza (Infibra pizza 0+/250) e un grano semintegrale di tipo 1 (Infibra tipo 1/380). Sia la prima che la seconda volta che ho sfornato il pane non ho ottenuto, purtroppo, un buon risultato.
Spesso additiamo alle farine il problema di alcuni nostri fallimenti ma vi assicuro che invece non è per nulla così e anzi, desidero spezzare una lancia a favore di tutte le industrie molitorie italiane che comunque lavorano instancabilmente e incessantemente, facendo del loro meglio, per permetterci di ottenere dei prodotti qualitativi da presentare in tavola ai nostri cari.
L’errore più comune che commettiamo tutti è infatti quello di “osare” troppo con l’acqua pensando che una farina, essendo forte, è in grado di assorbirla. Niente di più sbagliato. Dobbiamo irrorare la farina con la corretta dose di acqua se vogliamo ottenere un discreto risultato come quello che avete visto in foto.
Questa errata e frequentissima valutazione ci conduce spesso fuori strada e ci fa sfornare prodotti poco voluminosi e spesso umidi.
Avevo iniziato con un 70% di idratazione e non è andata bene (vedi foto sottostanti). Nel secondo pane sono scesa al 65% e, pur se un tantino meglio, ancora non ero soddisfatta. Infine ho idratato al 60% ed ecco che magicamente il pane poteva essere chiamato tale.
In fondo, voi direte, non sono idratazioni elevatissime e con alcuni sfarinati si va anche oltre. E’ vero fino ad un certo punto perché il risultato delle due precedenti panificazioni è stato alquanto deludente, il pane non si presentava voluminoso e il suo interno era più umido del solito Questo dovrebbe lasciar riflettere.
Diamo da bere alla farina finché ha sete e non ingozziamola di acqua!
Questo motto deve diventare legge, sempre che si abbia voglia di avvicinarsi ai risultati visibili nella prima foto dove la crosta del pane risulta praticamente perfetta.
Ingredienti
- 350 g di farina di g rano tenero di tipo 0+infifra pizza del Molino Denti
- 350 g di farina di grano tenero di tipo 1 Infibra del Molino Denti
- 120 g di pasta madre acida
- 387 g di acqua per l’autolisi (vedi articolo QUI se non sai cos’è) + 9 g aggiunti in seguito
- 4+10 g di sale
Procedimento
Miscelare le due farine con 4 g di sale e 385 g di acqua facendo in modo che quest’ultima sia completamente assorbita. L’impasto non andrà impastato a lungo e dovrà restare piuttosto grezzo e rugoso. Coprire bene e lasciare a temperatura ambiente per circa 8 ore.
Parallelamente operare un rigenero della pasta acida con 20 g di pasta madre (in forma e prelevata dal barattolo che tenete senz’altro in frigo), 50 g di farina e 50 g di acqua. Miscelate bene il tutto, coprite e lasciate fermentare fino a quando non raggiunge il suo picco massimo e risulta pronta per essere inserita nell’impasto. Più o meno impiegherà 7/8 ore. Se le ore per il processo autolitico dovessero accoriciarsi o dilatarsi, non importa, sarà bene operare seguendo il ciclo della madre e non viceversa.
Se l’impasto risultasse grigiastro, prima di inserire la madre, manipolare l’impasto facendo in modo di miscelarlo nuovamente. Non ci si dovrà preoccupare del colore grigio poiché sparirà all’istante. Il sale, fungendo da schermo antibatterico, rilascia spesso durante i lunghi riposi della pasta, delle piccole vescicole o “afte” bianche, talvolta anche dei puntini neri nell’impasto. E’ assolutamente normale.
Quando la madre sarà pronta, inserirla nell’impasto, aggiungrte il sale e la rimanente acqua (sono 9 grammi pesati).
Inizialmente tutto risulterà molle e appiccicoso poiché il lievito faticherà ad incorporarsi all’impasto che invece risulterà già perfettamente incordato, ad ogni modo, lentamente, tutti gli ingredienti verranno amalgamati e ci si ritroverà con un impasto fantastico, liscio e incordato alla perfezione.
Nota – Fare molta attenzione a non eccedere nel tempo di impastamento per non stressare la pasta e la struttura. Manipolarla sempre con cautela poiché se si esagera, si rischia di compromettere la struttura glutinica dell’impasto. Piuttosto, alternare dei riposi di cinque minuti SENZA aver fretta di concludere.
Terminato l’impasto, ungerlo lievemente con olio e coprire.
Trascorsa circa mezz’ora, rigenerarlo praticando una lieve manipolazione (allungando i lembi verso l’alto e lasciandoli ricadere al centro, per un giro totale della boule di 360°). Proseguire in questo modo per almeno una o due volte ancora e poi lasciar lievitare in massa fino a quando non raggiunge il doppio del suo volume iniziale.
Ribaltare l’impasto sul ripiano di lavoro lievmente spolverato di semola rimacinata, stagliare 30 g circa e formare con il pezzo di pasta ottenuto una pallina ben soda (spia di lievitazione) da depositare nell’ormai consueto bicchierino da caffè.
Passare ora alla formatura per poi depositare l’impasto in appretto nel cestino di lievitazione (ricoperto con un telo ben spolverato di semola) con la cupola dell’impasto verso il fondo del cestino.
Attendere che la spia inizi a dare nuovamente segni di vitalità e quando sarà giunta a poco meno della metà del suo volume iniziale, depositare spia e impasto in frigorifero a +4°C per 12 ore, trascorse le quali, si potrà cuocere il pane incidendolo in superficie come meglio si preferisce con una lametta affilata.
Le incisioni, se tutto sarà andato come previsto, verranno perfette e anche in cottura si noterà uno splendido risultato.
Ricordare sempre che l’acqua in eccesso non consente sempre una buona riuscita estetica del pane che spesso tende a rilassarsi se troppo idratato. Una bella mollica, aperta e ariosa (alveolatura maggiore) è ricercata ma spesso la crosta ne risente così come l’estetica (se è a quella che mirate). Per di più, il sapore del pane che è dato dalla farina e non dall’acqua, che evapora, non risulterà mai così aromatico come il pane d’altri tempi e infine, la conservazione del prodotto viene compromessa per cui solo per poter dire “ho realizzato un pane bucato come tizio o caio”, molti rinunciano al gusto! Io no.
Buon pane!
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Secondo me la tipo 1 non è W 380 come indicato in etichetta, ma più debole. Dalla foto infatti l’impasto sembra idratato ben oltre il 60%. Comunque ciò che conta è il risultato… e il tuo è meraviglioso.
Ciao Francesco. Ti chiedo scusa avevo inserito la foto dell’impasto sbagliata senza rendermene conto. Ti ringrazio per il tuo commento che mi ha permesso di sostituirla. Ti ringrazio per il complimento