Il grano tenero Solina è una varietà autoctona di grano tipico dell’appennino abruzzese. Viene coltivato in provincia dell’Aquila, soprattutto sugli altipiani del Gran Sasso e i Monti della Laga.
Fin da tempi remoti sua produzione garantiva cibo per le famiglie contadine che sfornavano pane, pizza e dolci. Il grano Solina viene prodotto ogni otto-nove mesi circa e la sua resa non non è molto elevata. E’ un grano resistente alle intemperie e anche alle temperature rigide tipiche della zona. La sua produzione risulta anche migliorata in aree di maggiore altitudine. Dal grano tenero Solina si ricava uno sfarinato di colore chiaro e dall’intenso profumo di montagna. Data la sua morbidezza si lavora molto bene a mano e i prodotti casarecci che ne derivano sono adatti alla produzione artigianale di biscotti, frolle, pasta e pane. Avendo un basso contenuto di glutine, si può impastare in purezza (senza aspettarsi grandi volumi o alveolature) oppure si può miscelare con altri tipi di grano più forte, ottenendo così pani più voluminosi come nel caso del pane che vi andrò ad illustrare.
Prima di descrivervi come ho realizzato questo pane, voglio chiarire un concetto fondamentale riguardante l’impiego della lievitazione mista. Vi sono casi in cui potrebbe essere necessario l’impiego di una modesta quantità di lievito di birra, per garantire la riuscita di un pane particolare che comunque mantiene aromi e tutte le proprietà organolettiche, tipiche della lavorazione con pasta madre. Ad esempio, soprattutto tra gli amatoriali, è diffusa l’idea che il pane si debba fare solo con la pasta madre, anche quando viene lievemente trascurata ed è erroneamente diffuso il concetto che il lievito di birra non faccia parte della lievitazione cosiddetta naturale Niente di più falso. Una pasta madre pigra lavora male e il prodotto che ne consegue non è dei migliori pertanto attenzione a non abbandonarla in frigo, ricordandovi di lei solo dopo tanto tempo o solo quando vedete una fotografia che vi riaccende la volontà di panificare con pasta madre. Il lievito di birra aggiunto alla madre può servire quando si dispone di meno tempo a disposizione, quando ci si ritrova a dover fare delle dimostrazioni, quando la direttiva di un disciplinare lo richiede, quando si vuole dar corso ad un particolare procedimento e così via. Andando avanti nel tempo mi sono convinta che precludersi all’impiego esclusivo della pasta madre è come rifiutarsi di accettare tutte le sfaccettature che l’arte bianca presenta e che la rende affascinante e quindi, volendo sovrastare questo limite mentale, vi propongo i miei ultimi esperimenti. Ho notato, a dispetto di quello che qualcuno pensa, il lievito di birra può aiutare molto se viene contemplata la lievitazione mista. Aiuta a permettere un maggiore sviluppo di volume, a favorire i gas di fermentazione, a consentire maturazioni adeguate, stabilire con maggior precisione le tempistiche, ad evitare disastri stratosferici di pani ormai marciti e surlievitati e ad aiutare coloro che con la sola madre possono ritrovarsi in difficoltà. Quelle enormi difficoltà che io stessa ho incontrato e incontro e di cui non mi vergogno affatto perché fare il pane è un’arte e non tutti siamo nati artisti. Vi chiedo scusa per essermi dilungata un pò troppo ma sentivo e sento di dover raccontare anche parte dei processi emozionali, mentali ed evolutivi che sono racchiusi all’interno delle mie pagnotte di pane.
Ingredienti
- 400 g di grano tenero varietà solina (W 200)
- 250 g di farina canadese Manitoba (W 460)
- 80 g di farina di frumento tenero di forza W 350
- 50 g di madre liquida
- 513 g di acqua
- 13 g di sale fino
- 2,6 g di lievito di birra fresco
Procedimento
Nota: le temperature sfiorano i 32 gradi in casa.
Operate un rinfresco della madre liquida in questo modo:
Pesate 50 g di madre liquida, aggiungete 20 g di acqua e 80 g di farina di forza. Impastate molto energicamente sulla spianatoia fino ad ottenere un panetto molto sodo e liscio. (Vedi da pasta madre solida a pasta madre liquida). Attendete che sia ben matura (si apre e sboccia come un fiore dopo circa tre ore e mezza, quattro) e sarà pronta da utilizzare).
Pasta madre matura (foto di archivio)
Versate le due farine nella boule della planetaria, spezzettate la madre e sbriciolate il lievito. Aggiungete 450 g di acqua e azionate la planetaria sulla quale avrete montato il gancio. Non aggiungete acqua fin tanto che l’impasto non abbia assorbito tutta l’acqua. Quando l’impasto sarà quasi incordato, aggiungete il reso dell’acqua a filo e il sale. Terminata l’incordatura, quando l’impasto avrà raggiunto una consistenza liscia, setosa e sarà avviluppato completamente al gancio spegnete la macchina.
Attendete 15 minuti, praticate due giri di pieghe in ciotola e versate l’impasto in contenitore unto appena di olio. Coprite e depositate subito in frigorifero a +4°C.
Dopo 24 ore, potete estrarre l’impasto dal frigo (lo troverete quasi raddoppiato). Fate acclimatare un’ora e ribaltatelo sul piano di lavoro lievemente infarinato con semola rimacinata. Degassate bene e allungate dando la forma di un rettangolo e piegatelo a portafoglio dai due lati sovrapponendo i lembi prima da un verso e poi da un altro.
Coprite con un panno e con una ciotola rovesciata e attendete 30 minuti circa. Tornate a manipolare il vostro impasto, e, dopo aver di nuovo degassato delicatamente, date la forma che preferite (io ho formato una sfera).
Depositate l’impasto con la parte bella rivolta verso il basso e con la chiusura verso l’alto in un cestino da lievitazione (va bene anche uno scolapasta ricoperto da un telo ben infarinato con semola rimacinata) coprite con i lembi del telo, spolverate ancora con semola rimacinata e attendete il raddoppio.
A raddoppio avvenuto, Sarete pronte per cuocere il vostro pane.
Accendete il forno alla massima potenza e quando sarà arrivato a temperatura, infornate. Seguite i suggerimenti di cottura che trovate nell’apposita pagina.
Vi auguro buon pane e se avete domande, scrivete o commentate, sarò lieta di rispondere.