Distinzione, classificazione e Tipologia del grano

“Triticum” è la denominazione che, sia la pianta, sia la cariosside del grano tenero (Triticum Aestivum) e del grano duro (Triticum Durum), assumono dal punto di vista botanico.

Uno sfarinato ottenuto dalla frantumazione del grano tenero è definito FARINA mentre quello derivante dal grano duro è denominato SEMOLA.

Gli sfarinati, i cereali e i conseguenti prodotti derivati (pane e pasta), sono regolati da una normativa italiana (Legge n. 580/67, come modificata dal DPR n. 187/2001) che a partire dal dopoguerra, periodo storico in cui si distinse il pane comune dal pane “speciale”, ne disciplina a tutt’oggi la produzione, la classificazione e la commercializzazione.

Per quanto riguarda la classificazione, la normativa che si riferisce al grano tenero essa recita:

  1. E’ denominato “farina di grano tenero” il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento (macinazione) del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.
  2. E’ denominato “farina integrale di grano tenero” il prodotto ottenuto direttamente dalla macinazione del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.
  3. Le farine di cui ai commi 1 e 2 destinate al commercio sono prodotte nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

Farina di grano tenero di tipo ØØ (contenuto massimo in ceneri fino a 0,55 e un contenuto minimo in proteine pari a 9%). La «farina tipo ØØ può essere prodotta anche sotto forma di sfarinato granulare (granito). E’ quella più raffinata in assoluto quindi privata di tutte le componenti nutritive essenziali. Generalmente è utilizzata per i dolci anche se, sul mercato, esistono farine 00 “rinforzate” o “additivate” cioè con aggiunta di acido ascorbico o una percentuale di glutine secco e/o miglioratori.

Farina di grano tenero di tipo Ø (contenuto massimo in ceneri fino 0,65 e un contenuto minimo in proteine pari a 11,00%). Meno raffinata della precedente, generalmente ha un valore che va da un 260 W (per lievitazioni medio lunghe) fino ad un massimo di 280-300 W. Possiamo utilizzarla in purezza ma non otterremo un pane molto saporito e inoltre, il prodotto sarà praticamente privo di nutrienti importanti per l’organismo umano. E’ quindi preferibile miscelarla a farine contenenti anche parte del germe di grano come la tipo 1 e 2 oppure la farina di grano tenero di tipo integrale o la semola.

Farina di grano tenero di tipo 1 (contenuto massimo in ceneri fino 0,80 e un contenuto minimo in proteine pari a 12,00%). Lo sfarinato derivante da questa tipologia di macinazione è di colore più scuro e viene distinta per il grado di raffinazione o abburrattamento. E’ uno sfarinato semi integrale poiché mantiene anche una parte esterna del chicco. A seconda della quantità di ceneri e minerali contenuta, viene stabilito il “tasso di estrazione” che si aggira attorno all’80%. Quando il tasso di estrazione è del 100% si ottiene la farina integrale.

Farina di grano tenero di tipo 2 (contenuto massimo in ceneri fino 0,95 e un contenuto minimo in proteine pari a 12,00%).

Farina di grano tenero di tipo integrale (contenuto massimo in ceneri compreso tra 1,30 e 1,70 e un contenuto minimo in proteine pari a 12,00%)

Per quanto riguarda la classificazione del grano duro, la normativa recita:

  1. E’ denominato «semola di grano duro», o semplicemente «semola», il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.
  2. E’ denominato «semolato di grano duro», o semplicemente «semolato», il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità, dopo l’estrazione della semola.

Gli sfarinati di grano duro destinati al commercio possono essere prodotti e commercializzati soltanto nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

  • Semola:  contenuto in ceneri fino a 0,85%, umidità massima 14,50%, sostanze azotate (azoto x 5,70 minimo) 10,50%, su cento parti di sostanza secca.
  • Semolato: contenuto in ceneri fino a 1,35%, umidità massima 14,50%, sostanze azotate (azoto x 5,70 minimo) 11,50%, su cento parti di sostanza secca.
  • Semola integrale di grano duro: contenuto in ceneri fino a 1,80%, umidità massima 14,50%, sostanze azotate (azoto x 5,70) minimo 11,50%, su cento parti di sostanza secca.
  • Farina di grano duro: contenuto in ceneri fino a 1,60%, umidità massima 14,50%, sostanze azotate (azoto x 5,70) minimo 11,50%, su cento parti di sostanza secca.

Valore granulometrico alla prova di stacciatura: passaggio al setaccio con maglie di millimetri 0,187 di luce, massimo 10 per cento.

E’ consentita la produzione, da destinare esclusivamente alla panificazione e al consumatore, di semola e di semolato rimacinati nonché di farina di grano duro. E’ tollerata l’immissione al consumo di sfarinati di grano duro con tenore di umidità fino al massimo del 15,50 per cento, con diminuzione proporzionale del prezzo, sempre che il maggiore grado di umidità, rispetto al limite massimo del 14,50 per cento stabilito nella tabella, risulti indicato sul cartellino o sugli involucri come descritto nell’articolo 13 del D.L. 580/67 e successive modificazioni.

Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari

TITOLO III – Pane

Art. 14

  1. E’ denominato «pane» il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio).
  2. Il prodotto di cui al comma 1 ottenuto da una cottura parziale, se destinato al consumatore finale deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti in etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti e, in modo evidente, la denominazione «pane» completata dalla menzione «parzialmente cotto» o altra equivalente, nonché l’avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l’indicazione delle relative modalità della stessa.
  3. Nel caso di prodotto surgelato, oltre a quanto previsto dal comma 2, l’etichetta dovrà riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la menzione «surgelato».
  4. Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o non, deve essere distribuito e messo in vendita, previo confezionamento ed etichettature riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto. 5. Per il prodotto non destinato al consumatore finale si applicano le norme stabilite dall’art. 17 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109.

Art. 15

Gli sfarinati impiegati per la produzione del pane destinato alla vendita al pubblico devono corrispondere ai tipi ed alle caratteristiche di cui agli articoli 7, 9 e 11.

 Art. 16

Il contenuto in acqua del pane a cottura completa, qualunque sia il tipo di sfarinato impiegato nella produzione del medesimo, con la sola eccezione del pane prodotto con farina integrale, per il quale è consentito un aumento del 2 per cento, è stabilito come appresso:

pezzature sino a 70 grammi, massimo 29%

» da 100 a 250 grammi, massimo 31%

» da 300 a 500 grammi, massimo 34%

» da 600 a 1.000 grammi, massimo 38%

» oltre i 1.000 grammi, massimo 40%

Per le pezzature di peso intermedio tra quelle sopra indicate il contenuto massimo in acqua è quello che risulta dalla interpolazione fra i due valori-limite. Le altre caratteristiche analitiche del pane devono identificarsi con quelle degli sfarinati con i quali il pane è stato prodotto. E’ tollerata una maggiorazione di 0,05 sul contenuto in ceneri, rispetto a quello degli sfarinati impiegati nella produzione del pane.

 Art. 17

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 00 è denominato «pane di tipo 00».

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 0 è denominato «pane di tipo 0».

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 1 è denominato «pane di tipo 1».

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 2 è denominato «pane di tipo 2».

Il pane prodotto con farina integrale è denominato «pane di tipo integrale».

Il pane prodotto con semola o con semolato di grano duro, ovvero con rimacine di semola o semolato, è denominato

rispettivamente «pane di semola» e «pane di semolato».

Nei locali di vendita i vari tipi di pane devono essere collocati in scomparti o recipienti separati, recanti un cartellino

con l’indicazione del tipo di pane e del relativo prezzo.

 Art. 18

Nella produzione del pane è vietato aggiungere ingredienti estranei, salvo quanto disposto negli articoli seguenti e salvi i competenti provvedimenti del Ministro per la sanità, emanati a norma della legge 30 aprile 1962, n. 283.

E’ altresì vietata, nella produzione del pane, l’utilizzazione nell’impasto di residui di pane.

 Art. 19

Nella produzione del pane è altresì consentito l’impiego di:

a) farina di cereali maltati, che abbiano un potere diastasico, determinato secondo il metodo Pollak, non inferiore a 6.500 unità su sostanza secca;

b) estratti di malto, che abbiano un potere diastasico, determinato secondo il metodo Pollak, non inferiore a 4.500 unità, ed abbiano le caratteristiche che verranno precisate nel regolamento;

c) alfa amilasi e beta amilasi.

Per esigenze tecniche di produzione di particolari forme di pane normale, è ammessa la spalmatura con uno dei grassi previsti dal primo comma del successivo articolo 20. L’esercizio degli stabilimenti o laboratori di produzione delle sostanze di cui al presente articolo è subordinato all’autorizzazione prevista dall’articolo 2 della L. 30 aprile 1962, n. 283. Le sostanze stesse debbono essere poste in commercio in confezioni originali chiuse.

 Art. 20

Nella confezione dei pani speciali è consentito l’impiego di burro, olio di oliva – in tutti i tipi ammessi dalle leggi vigenti, escluso l’olio di sansa di oliva rettificato – e strutto, sia come tali che sotto forma di emulsionati, nonché latte e polvere di latte, mosto d’uva, zibibbo ed altre uve passe, fichi, olive, anice, origano, cumino, sesamo, malto, saccarosio e destrosio.

Il pane speciale con l’aggiunta di grassi deve contenere non meno del 4,5% di sostanza grassa totale riferita a sostanza secca. Il pane speciale al malto deve contenere non meno del 7% di zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferito a sostanza secca. Il pane speciale deve essere posto in vendita con diciture che indichino l’ingrediente aggiunto. Nel caso che più ingredienti siano stati aggiunti, le diciture devono indicare questi in ordine decrescente di quantità presente riferita a peso. E’ vietata la vendita di pane speciale con la generica denominazione di pane condito, ingrassato o migliorato. Il pane speciale deve essere tenuto, nei locali di vendita, in scaffali separati, forniti di cartelli recanti la dicitura di cui al precedente comma. L’impiego di ingredienti diversi da quelli indicati nel presente articolo deve essere autorizzato con decreto del Ministro per la sanità, di concerto con i Ministri per l’agricoltura e foreste e per l’industria, il commercio e per l’artigianato; nel decreto sono stabilite le norme e le modalità per l’impiego e, al caso, per la produzione ed il commercio degli ingredienti autorizzati.

 Art. 21

I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelate con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l’aggiunta alla denominazione «pane» della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata. Nella produzione dei tipi di pane di cui al precedente comma possono essere aggiunti gli ingredienti indicati nell’articolo 20.

 Art. 22

E’ denominato «grissino» il pane a forma di bastoncino ottenuto dalla cottura di una pasta lievitata, preparata con farina di grano tenero di tipo 0 o di tipo 00, acqua e lievito con o senza sale. E’ consentita la produzione di grissini speciali, preparati con gli stessi ingredienti previsti per il pane speciale dal precedente articolo 20, nonché con i grassi alimentari industriali ammessi dalla legge. Le caratteristiche degli ingredienti aggiunti devono corrispondere a quelle previste dagli articoli 19, 20 e 21 ed i grissini preparati con detti ingredienti devono essere posti in vendita secondo le modalità indicate nel precedente articolo 20. Sulle confezioni sigillate devono essere indicati gli ingredienti, in ordine decrescente di quantità presente riferita a peso. In caso di vendita allo stato sfuso, tali indicazioni devono essere riportate sul contenitore con apposito cartellino indicante il prodotto.

 Art. 23

Il pane deve essere venduto a peso.

 Art. 24

La vendita al pubblico del pane di qualsiasi tipo e specie può essere esercitata solo dagli esercizi che abbiano ottenuto la prescritta licenza di commercio, nella quale la voce «pane» sia indicata in modo specifico. Fanno eccezione i grissini confezionati all’origine in involucri chiusi e sigillati e venduti in tali confezioni al consumatore. Le imprese con rivendita di pane non annessa al panificio sono tenute a farsi rilasciare dai produttori una distinta per ogni quantitativo e tipo di pane fornito, con l’indicazione dell’indirizzo della ditta produttrice, della data di consegna, del tipo e della quantità del pane consegnato. Tali distinte debbono essere tenute nella rivendita a disposizione degli agenti di sorveglianza fino ad esaurimento della vendita del pane cui si riferiscono.

 Art. 25

Gli esercizi, che vendono il pane promiscuamente ad altri generi, devono disporre, per il pane, di apposite attrezzature, distinte da quelle adibite alla vendita degli altri generi. [Gli esercizi di cui al precedente comma sono sottoposti alle prescrizioni igienico-sanitarie che saranno stabilite dal regolamento.

 Art. 26

Il trasporto del pane dal luogo di lavorazione all’esercizio di vendita, a pubblici esercizi o a comunità deve essere effettuato in recipienti lavabili e muniti di copertura a chiusura, in modo che il pane risulti al riparo dalla polvere e da ogni altra causa di insudiciamento. E’ vietata la vendita del pane in forma ambulante e nei pubblici mercati, fatta eccezione per quelli coperti, purché vi siano le garanzie di cui agli articoli precedenti.

Art. 27

E’ vietato vendere o detenere per vendere, pane alterato, adulterato, sofisticato o infestato da parassiti animali o vegetali.

Approfondimenti

Fattore di panificabilità
Assorbimento delle farine
Le etichette e le schede tecniche
Varietà dei cereali per la panificazione

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