Queste nozioni sono frutto di ricerche su libri e testate scientifiche da me eseguite e completamente rielaborate in fase di studio personale e oggi, le nozioni che seguono fanno parte del mio bagaglio di crescita apprendimento personale. Le fonti dalle quali ho attinto queste preziose informazioni sono diversificate in modo da avere un quadro abbastanza chiaro riguardo alla gestione del lievito madre, la sua creazione e la panificazione in genere. Molto altro ancora devo imparare e soprattutto tanta strada da fare perché la panificazione è un affascinate mondo molto complesso che crea dipendenza, soprattutto per chi ha sete di sapere.
Fonti: Simona Lauri, Piergiorgio Giorilli, G. Quaglia, Elena Lipetskaia, Quotidie Magazine (testata scientifica dedicata all’alimentazione) Taff – Talkin´about Food Forum ovvero Le Scienze e Tecnologie Alimentari.
Prima di tutto, e bene distinguere la differenza di nomenclatura tra lievito madre e pasta madre poiché in ambito casalingo, ma spesso anche tra professionisti, la Madre viene definita LIEVITO. E’ invece bene specificare che il lievito si riferisce a gruppi di funghi unicellulari (formati da un unico tipo di cellula eucariota), di forma ellittica o sferica. Il termine corretto da utilizzare è quindi PASTA MADRE, sia essa liquida o solida. In ambito casalingo si continua a chiamarlo lievito madre solamente per convenzione ma se vogliamo essere precisi dobbiamo chiamarlo in modo corretto.
Il principio FONDAMENTALE che sta alla base della produzione di prodotti lievitati con pasta madre è quello di mantenerla in uno stato di equilibrio microbiologico tale che possa “rispondere” correttamente alle sollecitazioni, permettendo quindi ad un impasto di lievitare a dovere.
Ogni pasta madre, a seconda di dove viene coltivata, risponde diversamente poiché all’interno della madre esiste un metabolismo fermentativo che varierà al variare dei ceppi contaminanti in essa contenuti (50 specie di Lattobacilli e circa una ventina di specie di lieviti). Come si può vedere, la prevalenza è sicuramente di tipo lattico ma non è possibile valutare, se non attraverso un’analisi microbiologica, quali ceppi tra questi sono contenuti al suo interno tuttavia, ciò che avviene può essere inteso come un “antagonismo nutrizionale” tra le varie forme microbiche. Questo è il punto cruciale da cui dipenderà la moltiplicazione e il conseguente sviluppo della microflora nonché della madre stessa.
Nella panificazione con la pasta madre non esiste quindi una standardizzazione e non è facile comprenderne il comportamento poiché è spesso molto variabile e suscettibile ai fattori che concorrono a renderla così “capricciosa” i quali, risiedendo al suo interno, sono favoriti dall’ambiente circostante. E’ pur vero che il suo comportamento con il tempo diviene ciclico e riconoscibile.
Dire che una pasta madre risponde in 4 ore è abbastanza fuorviante poiché la sua “risposta” varia rispetto a numerosi altri fattori quali:
- la varietà del grano con cui viene alimentata e di conseguenza le proprietà enzimatiche dello stesso
- la temperatura, l’acqua utilizzata per idratarla
- l’ambiente di sviluppo interno ed esterno.
Generalmente si può comunque affermare che una madre in buono stato di salute risponde in un tempo assai breve (3/4 ore circa).
Cosa si intende per risposta?
Una buona risposta è quando la madre, al rigenero, aumenta il suo volume iniziale del triplo. Una pasta madre che in tre ore aumenta di tre volte il suo volume è senz’altro una madre in ottima forma. Questo è valido sia per la solida che per la liquida.
Cos’è il ph?
Per pH si intende una scala di misura dell’acidità o della basicità di una soluzione acquosa. Nella panificazione professionale esistono strumenti come il phometro (misuratore del ph) utile a misurare il grado di acidità della madre. Per il suo grado di acidità la Madre è definita anche PASTA MADRE ACIDA. Il livello di acidità di una madre in buono stato si aggira attorno ad un pH medio di 4,5 ma il range è compreso tra 4,1 e 4,9.
Come si rigenera una madre?
La variabile fondamentale di rigenero di una pasta madre acida è l’acqua ovvero, l’idratazione. Se una madre viene idratata al 40/50% vuol dire che la sua consistenza sarà solida se invece è idratata al 100/130% si avrà una pasta madre liquida.
Numericamente parlando, 100 g di pasta madre idratata al 50% conterranno 40 g di pasta madre, 40 g di farina e 20 g di acqua (dove 20 g è la metà (il 50%) del peso in acqua rispetto alla farina aggiunta). 100 g di pasta madre idratata al 100% conterranno egual peso tra pm, acqua e farina.
Per capire quanta acqua va aggiunta ad una madre o ad un impasto l’operazione da fare è: peso farina x percentuale di acqua (scelta).
Quindi *120f x 50H2o : 100vI = 60 (dove 60, sono i grammi di acqua da dover aggiungere all’impasto, in questo caso della madre.
Leggenda:
*f= farina – H2o= idratazione, acqua o liquidi – vI= valore intero m=Madre
Tanto la madre mangia e tanto perdura nel tempo
Ci sono casi in cui riterrete necessario rigenerare la madre VARIANDO le proporzioni di farina e acqua aggiuntive, raggiungendo quindi rapporti matematici proporzionali che vengono espressi come segue:
1:1 – rigenero con farina in pari peso (50m+50f+25H2o)
1:2 – rigenero con farina al doppio del peso della madre (50m+100f+50H2o)
1:3 – rigenero con farina al triplo del peso della madre (50n+150f+75H2o)
e così via.
L’indratazione e quindi l’acqua inserita, varia SEMPRE in proporzione al peso della farina per cui l’acqua da inserire nella madre o in qualunque impasto, fosse anche per una pizza, va calcolata SEMPRE sul peso della farina e mai su altro. Nel rigenero della madre equivale lo stesso principio, come regola fissa.
La necessità di variare il peso della farina nella pasta madre (e di conseguenza l’acqua in proporzione della consistenza prescelta) dipende da diversi fattori. Possiamo avere la necessità di lasciare la madre incustodita per un periodo più lungo del previsto quindi a seconda di quanto lungo sarà il periodo, la nutriremo al doppio, al triplo ecc.
Altra probabilità è il tempo a nostra disposizione. Molte persone ritengono che sia l’impasto a farla da padrone mentre siamo noi che gestiamo le tempistiche dei nostri impasti. Poniamo il caso decidiate di rigenerare la made di sera per averla pronta per il mattino seguente. A quel punto, considerato che in un rinfresco 1:1 una madre in buono stato sia pronta in 3/4 ore, in un rinfresco 1:2 impiegherà circa 6/8 ore a triplicare il suo volume. Va da se che se 8 ore non fossero sufficienti alle vostre tempistiche, potrete aumentare il nutrimento per dominarla e non per esserne succubi.
Come nasce una pasta madre?
La componente fondamentale di una pasta madre è la farina e ogni farina è senz’altro in grado di fermentare e dare vita ad un “tesoro naturale” in grado di produrre poi un pane.
Alcuni sfarinati fermentano più velocemente di altri ma ho notato che acidificano anche prima e che necessitano quindi di rigeneri più ravvicinati soprattutto quando il grado di raffinazione della farina è nullo o quasi (farine integrali o semintegrali ). In ogni caso, il mondo delle farine è variegato e con il tempo, mi sono fatta l’idea che NON esiste una farina specifica per pasta madre. Tutte possono essere buone per lo scopo che ci prefiggiamo.
Generalmente ci viene suggerita una farina con elevata percentuale di gliadina e glutenina (proteine presenti nella farina che assumono il ruolo di sviluppare il glutine). Le migliori farine, sono quelle che rendono disponibile un maggiore nutrimento qualitativo per lieviti e batteri presenti all’interno della nostra madre ovvero, farine ricche di zuccheri fermentescibili, cioè adatti a fermentare e quindi ad elevata attività amilasica (detta anche Falling Number o indice di Hagberg poiché misura la capacità della farina di produrre zuccheri in un impasto).
Le teorie in merito a questo concetto sono vaste e, udite udite, tutte piuttosto valide poiché dettate dall’esperienza personale di chi panifica e sperimenta da anni o ancora meglio, da nozioni di base acquisite da chi prima di noi ha sperimentato ed è divenuto un docente di panificazione. Se si vuole dunque panificare con cognizione di causa, spesso non si può prescindere da alcune nozioni ma, ripeto è sempre una scelta personale.
Starter nelle madri
Talvolta, per coltivare una madre, potrà essere utile aiutarsi con un componente/ingrediente aggiuntivo, in grado di accelerare il processo di fermentazione. Questo, che viene spesso definito “Starter” può essere una sostanza alimentare in grado di fermentare rapidamente come la frutta o le sostanze derivanti da qualunque processo fermentativo: siero di kefyr, yogurt, frutta (qualsiasi) e/o miele.
Va da se che ogni componente in grado di fermentare può essere indicato per coltivare una pasta madre o permettere l’aumento dell’attività fermentativa di un impasto contenente sale, l’importante è che questo componente sia commestibile e ben controllato. Sconsiglio ai poco avvezzi, di andare oltre la propria conoscenza ed il buon senso, poiché quando siamo all’oscuro delle reazioni chimiche che potrebbero avvenire, è preferibile non rischiare andando oltre ciò che sia ormai testato e sperimentato dalla scienza. Informiamoci sempre prima relativamente a cosa stiamo facendo e ascoltiamo infiniti pareri dai più esperti (le spore derivanti da funghi pluricellulari sono sempre in agguato e non sempre sono benefiche per l’organismo umano; talvolta, possono diventare pericolosamente patogene per cui, occhio a ciò che fate).
Gli zuccheri e la loro importanza negli impasti
Gli zuccheri sono una componente importante negli impasti, sia come elementi intrinseci alla farina, sia aggiunti successivamente da noi. Gli zuccheri si dividono fermentescibili e non.
Entrambi le categorie sono molto importanti nei processi panari poiché gli zuccheri non fermentescibili sembra che interagiscano con la formazione della struttura portante della massa mentre gli altri, quelli capaci di fermentare, forniscono direttamente glucosio e fruttosio di cui la microflora si nutre all’interno di un impasto. Inoltre, concorrono alla produzione di anidride carbonica (gas che permette agli impasti di lievitare).
Riassumendo e semplificando quanto appena scritto, l’anidride carbonica e cioè il gas prodotto dalla predigestione dei lieviti e dei LAB (lattobacilli) durante la fermentazione per merito degli zuccheri ingeriti e digeriti dalla microflora presente nella madre e negli impasti, dapprima si espande nell’acqua, poi si libera nell’aria in presenza di ossigeno e, trattenuta dal glutine (sostanza derivante principalmente da due proteine della farina, gliadina e glutenina) permette la lievitazione di una massa impastata. Un impasto in fondo, per fare un esempio banale, è come un palloncino che se gonfiato, per mezzo dell’andride carbonica (aria, gas, ossigeno) si espande fin quando il materiale di cui è composto riesce a trattenere il rigonfiamento ma che se viene gonfiato troppo, alla fine, cede.
E’ necessario essere esperti di chimica per fare un pane?
NO! Quando prepariamo una salsa di pomodoro semplice, uniamo olio, aglio o cipolla, basilico, pomodoro, spezie e sale. Chi di voi non prepara una salsa di pomodoro? Eppure, fateci caso, ogni salsa di pomodoro, se preparata da 10 persone contemporaneamente, avrà un gusto diverso.
Vi siete mai chiesti il perché?
Innanzitutto, quando prepariamo una salsa di pomodoro compiamo gesti tramandati e spesso inconsapevoli tuttavia, a meno che non siamo laureati in chimica per rendercene conto, ci troviamo COMUNQUE inconsapevolmente alle prese con processo chimico. C’è poi da dire che l’esperienza, la mano, l’eventuale soffritto, i tempi di cottura totale della salsa, la pentola utilizzata per cuocerla nonché, la varietà di pomodori scelta, FA LA DIFFERENZA. Per fare un pane accade più o meno la stessa cosa. Non serve un trattato di chimica ma tanta esperienza. La conoscenza è poi soggettiva e direttamente proporzionale alla nostra volontà di comprendere i processi panari in modo più o meno approfondito.
Tornando quindi al nostro complesso discorso, in merito alla genesi di una pasta madre, FARINA, OSSIGENO E IDRATAZIONE (più eventuale starter) sono le componenti primarie da prendere in considerazione.
Ora mi rivolgo a coloro che dalla panificazione desiderano il “di più” pur se come me non conoscono approfonditamente i processi chimici che stanno alla base di un impasto.
Alcune nozioni di base sono fondamentali per ottenere un prodotto sano, gustoso digeribile e anche esteticamente gradevole perché anche il bello vuole la sua parte. Questo tuttavia NON deve pregiudicare una sana e corretta informazione dettata dall’approfondimento di alcuni aspetti basilari e da un sano e corretto utilizzo delle farine e del lievito (eventuale) o della madre . A noi la scelta se approfondire, capire per ottenere il meglio da noi stessi.